Eccomi qui! Eh sì, è
passato un po' di tempo... Non è stato molto educato, da parte mia,
sparire così senza più dare notizie. Il fatto è che, credetemi,
sono stato molto impegnato. Ho l'impressione che il destino abbia
proprio deciso di cancellare la parola "quiete" dal mio
vocabolario. Eh sì. Prima scaraventato giù da un'auto, poi
impacchettato e caricato nella stiva di un aereo, come un pacco
postale, e infine... La peggiore di tutte le iatture: il trasloco. In
verità, io mica sapevo cosa fosse un trasloco. Insomma, io ho
cambiato casa sorvolando il mare, quand'ero ancora un cucciolo,
eppure non ho fatto tutte queste storie. A me è bastata una borsa
per portarmi dietro i giocattoli, le medicine, la coperta. La mia
mamma umana, invece, per il suo trasloco ha mosso mari e monti:
mobili, piatti, pentole, posate, vestiti, libri... Non è poi passato
molto tempo, da quando ho cominciato a sentir parlare di una casa
nuova a quando, nella casa nuova, mi sono ritrovato davvero. Il
motivo? Non ne sono certo, ma si sa, noi cani non abbiamo solo un
olfatto insuperabile. Abbiamo anche un imbattibile sesto senso:
capiamo benissimo quel che ai "nostri" umani passa per la
testa. Purtroppo non abbiamo la parola per darvi consiglio, ma
abbiamo gli occhi e la coda per offrirvi conforto. Beh, io sono un
po' meno fortunato, non posso disporre della mia coda, ma in compenso
ho due occhioni enormi. Insomma: io l'ho capito subito, che la mia
mamma umana non era felice, lì dov'era. Sempre tesa, sempre
preoccupata, sempre troppo nervosa, anche con me. Certo, avere cura
di me non è cosa facile né riposante; io sono un bel cinghialotto,
spesso anche troppo vivace. Amo tanto stare al mondo ed a volte non
riesco a contenere il mio entusiasmo, a tutte le ore del giorno e
talvolta anche della notte. Ma si vedeva lontano un miglio che non
erano la fatica o le ore piccole ad impensierire la mia bipede, che
tutto sommato mi sembra una tipa tosta, fisicamente; una cinghialona
pure lei. C'era qualcos'altro, anche nel suo chiedermi scusa di
continuo perché non mi poteva tenere dentro casa con sé, nel
portarmi le borse dell'acqua calda nella cuccia e le coperte, nelle
fughe dall'ufficio per venire a portarmi il biscotto... Credo proprio
che qualcuno non amasse affatto la mia presenza nei paraggi. Puzza,
disturbo, cagnara, questo sentivo dire: la mia mamma umana ha fatto
il possibile perché io non me ne accorgessi, ma era chiaro che
qualcuno aveva ribrezzo di me. E lei, beh... Il core de mamma non
conosce differenze di specie. Lei ha voluto, prima di tutto, il
meglio possibile per me e per i miei due fratelloni bianchi, Skipper
e Céline, senza se e senza ma. Ha impacchettato i suoi ed i nostri
stracci e ci ha portati via.
"Fortuna audacies
juvat", si dice. Beh, mi sembra che in questo caso il proverbio
calzi a pennello. Per essere nata da un amalgama esplosivo di
disperazione e di ostinazione, questa faccenda si è conclusa nel
migliore dei modi, ma soprattutto dei luoghi possibili. Dal giardino
della casa di Carmagnola, ampio sì, ma sacrificato tra il grigio
opprimente dei muri dei palazzoni ed una cappa di ostilità anche più
asfissiante dello stesso cemento, oggi mi ritrovo in un giardino
ancora più ampio, tutto a disposizione mia e dei fratelloni. Qui, a
Montaldo Roero, possiamo correre, abbaiare, ringhiare, e sì, anche
sporcare dove e quanto più ci aggrada. Nessun bipede protesta,
perché qui intorno di bipedi ce ne sono pochi e tutti provvisti di
compagni di vita a quattro zampe. Addirittura, possiamo ricevere gli
amici, perlomeno quelli abbastanza piccoli da passare in un buco
sotto la recinzione metallica. Con gli altri intrecciamo fitte e
ringhiosissime conversazioni attraverso la rete. E la mia mamma
umana, nella sua casetta nuova circondata da frutteti e da vigne, ci
tiene d'occhio dal balcone del primo piano. E si vede da lontano,
anche dal fondo del giardino, che adesso è felice. Non credo di
peccare di presunzione, affermando che un po' è stato anche merito
mio...
Ad onor del vero, il mio
trasloco non è stato proprio del tutto indolore. Se si fosse
trattato di cambiare casa e basta, sarebbe stato uno scherzo. Ma
c'era un pegno da pagare... E l'ho scoperto solo quando sono arrivato
qui. Un piccolo, insulso, orribile grumo di pelo biondiccio
infeltrito, che risponde al nome di Paolino e di cui la mia mamma
umana ha avuto la sciagurata idea di innamorarsi perdutamente. La sua
accoglienza, un abbaio isterico, incessante, stridulo, una vera
offesa per me che sono un vero poderoso masculo siculo. O meglio, che
ero un vero poderoso masculo siculo. Già, ero... Insomma, io
quell'individuo molesto l'ho preso in odio appena l'ho visto: ma
come... Mi toccherà mica dividere il giardino e le ciotole con
questo figlio illegittimo del Mocio Vileda? Ahimè, proprio così. Io
ci ho provato, ad aver pazienza, per non mancare di rispetto alla mia
mamma umana. Ma quel mostriciattolo non mi dava pace, si prendeva
troppa confidenza, era proprio invadente. Insomma, quando è troppo è
troppo. Un giorno mi son saltati i nervi e l'ho addentato. Ma mica
per scherzo eh! L'ho addentato proprio sul serio, con rabbia, come
solo noi molossi sappiamo fare. Sono molto orgoglioso della mia
molossità. Guai, non l'avessi mai fatto. L'umana è schizzata in
giardino, con un impeto che mi ha spaventato, e mi ha levato il
boccone dalle fauci... Il vigliacco, bruscamente sollevato per la
collottola, le ha persino piantato i canini in un braccio, ma lei
niente, non ha fatto una piega, lo ha portato in salvo lo stesso. E
poi mi ha spianato il capoccione a suon di scapaccioni, strillando
tanto da spaccarmi i timpani.
Ah, ma io non mi sono
mica dato per vinto! Ci ho provato ancora, altre due o tre volte, a
farlo fuori: insomma, quella sottospecie di spazzolone con le zampe
mi provocava di continuo, si avvicinava e poi scappava... Io sarò
anche paralitico, ma non sono pirla e, soprattutto, non sono disposto
a lasciarmi impunemente canzonare. Ci teniamo, noi cani del Sud,
all'onore. Tutte le volte, però, sono stato dissuaso a colpi di
ramazza sulla zucca o travolto dal getto della gomma per
l'irrigazione. La mia mamma umana, fuori di sé dalla rabbia, me
l'aveva promesso: "Se non la pianti - urlava - ti taglio le
palle!". Ahimé, avrei dovuto capirlo prima, che giocare di
testa contro un'umana inferocita può essere altamente
compromettente. Sul tavolo del veterinario, il suo amico connivente,
armato di bisturi, son finito davvero. Certo, per carità, non è che
i gioielli di famiglia mi fossero in qualche modo utili: la paralisi
mi impediva di trarne beneficio, anzi, mi rendeva proprio impossibile
accorgermi della loro esistenza. Però, anche l'occhio vuole la sua
parte... E adesso l'occhio, in quel punto lì, non vede più altro
che un sacchettino di pelle vuota. Pare che questo debba servire a
rendermi un po' meno aggressivo. Chissà perché, allora, non si
riserva a tanti umani lo stesso trattamento... A cominciare da quelli
che mi hanno scaraventato giù dall'auto. Sono molto più pericolosi,
quelli, di me. E poi, io non aggredisco così, per sfizio, senza
motivo. Reagisco alle provocazioni, questo sì, non sono mica un
Gandhi in forma canina. Non posso vendicarmi delle offese tracciando
righe con una chiave sulla fiancata dell'auto del nemico, anche
perché il mio nemico non ha un'auto e nemmeno una patente. Cos'altro
potrei fare, se non mordere? Ad ogni buon conto, credo che sia
meglio darmi una calmata, davvero, perché la promessa successiva è
stata "Se non basta tagliarti le palle, giuro che la prossima
volta ti taglio la testa!". E siccome la mia mamma umana è
una che tende a mantenere le promesse...