giovedì 1 maggio 2014

Trasloco

Eccomi qui! Eh sì, è passato un po' di tempo... Non è stato molto educato, da parte mia, sparire così senza più dare notizie. Il fatto è che, credetemi, sono stato molto impegnato. Ho l'impressione che il destino abbia proprio deciso di cancellare la parola "quiete" dal mio vocabolario. Eh sì. Prima scaraventato giù da un'auto, poi impacchettato e caricato nella stiva di un aereo, come un pacco postale, e infine... La peggiore di tutte le iatture: il trasloco. In verità, io mica sapevo cosa fosse un trasloco. Insomma, io ho cambiato casa sorvolando il mare, quand'ero ancora un cucciolo, eppure non ho fatto tutte queste storie. A me è bastata una borsa per portarmi dietro i giocattoli, le medicine, la coperta. La mia mamma umana, invece, per il suo trasloco ha mosso mari e monti: mobili, piatti, pentole, posate, vestiti, libri... Non è poi passato molto tempo, da quando ho cominciato a sentir parlare di una casa nuova a quando, nella casa nuova, mi sono ritrovato davvero. Il motivo? Non ne sono certo, ma si sa, noi cani non abbiamo solo un olfatto insuperabile. Abbiamo anche un imbattibile sesto senso: capiamo benissimo quel che ai "nostri" umani passa per la testa. Purtroppo non abbiamo la parola per darvi consiglio, ma abbiamo gli occhi e la coda per offrirvi conforto. Beh, io sono un po' meno fortunato, non posso disporre della mia coda, ma in compenso ho due occhioni enormi. Insomma: io l'ho capito subito, che la mia mamma umana non era felice, lì dov'era. Sempre tesa, sempre preoccupata, sempre troppo nervosa, anche con me. Certo, avere cura di me non è cosa facile né riposante; io sono un bel cinghialotto, spesso anche troppo vivace. Amo tanto stare al mondo ed a volte non riesco a contenere il mio entusiasmo, a tutte le ore del giorno e talvolta anche della notte. Ma si vedeva lontano un miglio che non erano la fatica o le ore piccole ad impensierire la mia bipede, che tutto sommato mi sembra una tipa tosta, fisicamente; una cinghialona pure lei. C'era qualcos'altro, anche nel suo chiedermi scusa di continuo perché non mi poteva tenere dentro casa con sé, nel portarmi le borse dell'acqua calda nella cuccia e le coperte, nelle fughe dall'ufficio per venire a portarmi il biscotto... Credo proprio che qualcuno non amasse affatto la mia presenza nei paraggi. Puzza, disturbo, cagnara, questo sentivo dire: la mia mamma umana ha fatto il possibile perché io non me ne accorgessi, ma era chiaro che qualcuno aveva ribrezzo di me. E lei, beh... Il core de mamma non conosce differenze di specie. Lei ha voluto, prima di tutto, il meglio possibile per me e per i miei due fratelloni bianchi, Skipper e Céline, senza se e senza ma. Ha impacchettato i suoi ed i nostri stracci e ci ha portati via.
"Fortuna audacies juvat", si dice. Beh, mi sembra che in questo caso il proverbio calzi a pennello. Per essere nata da un amalgama esplosivo di disperazione e di ostinazione, questa faccenda si è conclusa nel migliore dei modi, ma soprattutto dei luoghi possibili. Dal giardino della casa di Carmagnola, ampio sì, ma sacrificato tra il grigio opprimente dei muri dei palazzoni ed una cappa di ostilità anche più asfissiante dello stesso cemento, oggi mi ritrovo in un giardino ancora più ampio, tutto a disposizione mia e dei fratelloni. Qui, a Montaldo Roero, possiamo correre, abbaiare, ringhiare, e sì, anche sporcare dove e quanto più ci aggrada. Nessun bipede protesta, perché qui intorno di bipedi ce ne sono pochi e tutti provvisti di compagni di vita a quattro zampe. Addirittura, possiamo ricevere gli amici, perlomeno quelli abbastanza piccoli da passare in un buco sotto la recinzione metallica. Con gli altri intrecciamo fitte e ringhiosissime conversazioni attraverso la rete. E la mia mamma umana, nella sua casetta nuova circondata da frutteti e da vigne, ci tiene d'occhio dal balcone del primo piano. E si vede da lontano, anche dal fondo del giardino, che adesso è felice. Non credo di peccare di presunzione, affermando che un po' è stato anche merito mio...

Ad onor del vero, il mio trasloco non è stato proprio del tutto indolore. Se si fosse trattato di cambiare casa e basta, sarebbe stato uno scherzo. Ma c'era un pegno da pagare... E l'ho scoperto solo quando sono arrivato qui. Un piccolo, insulso, orribile grumo di pelo biondiccio infeltrito, che risponde al nome di Paolino e di cui la mia mamma umana ha avuto la sciagurata idea di innamorarsi perdutamente. La sua accoglienza, un abbaio isterico, incessante, stridulo, una vera offesa per me che sono un vero poderoso masculo siculo. O meglio, che ero un vero poderoso masculo siculo. Già, ero... Insomma, io quell'individuo molesto l'ho preso in odio appena l'ho visto: ma come... Mi toccherà mica dividere il giardino e le ciotole con questo figlio illegittimo del Mocio Vileda? Ahimè, proprio così. Io ci ho provato, ad aver pazienza, per non mancare di rispetto alla mia mamma umana. Ma quel mostriciattolo non mi dava pace, si prendeva troppa confidenza, era proprio invadente. Insomma, quando è troppo è troppo. Un giorno mi son saltati i nervi e l'ho addentato. Ma mica per scherzo eh! L'ho addentato proprio sul serio, con rabbia, come solo noi molossi sappiamo fare. Sono molto orgoglioso della mia molossità. Guai, non l'avessi mai fatto. L'umana è schizzata in giardino, con un impeto che mi ha spaventato, e mi ha levato il boccone dalle fauci... Il vigliacco, bruscamente sollevato per la collottola, le ha persino piantato i canini in un braccio, ma lei niente, non ha fatto una piega, lo ha portato in salvo lo stesso. E poi mi ha spianato il capoccione a suon di scapaccioni, strillando tanto da spaccarmi i timpani.
Ah, ma io non mi sono mica dato per vinto! Ci ho provato ancora, altre due o tre volte, a farlo fuori: insomma, quella sottospecie di spazzolone con le zampe mi provocava di continuo, si avvicinava e poi scappava... Io sarò anche paralitico, ma non sono pirla e, soprattutto, non sono disposto a lasciarmi impunemente canzonare. Ci teniamo, noi cani del Sud, all'onore. Tutte le volte, però, sono stato dissuaso a colpi di ramazza sulla zucca o travolto dal getto della gomma per l'irrigazione. La mia mamma umana, fuori di sé dalla rabbia, me l'aveva promesso: "Se non la pianti - urlava - ti taglio le palle!". Ahimé, avrei dovuto capirlo prima, che giocare di testa contro un'umana inferocita può essere altamente compromettente. Sul tavolo del veterinario, il suo amico connivente, armato di bisturi, son finito davvero. Certo, per carità, non è che i gioielli di famiglia mi fossero in qualche modo utili: la paralisi mi impediva di trarne beneficio, anzi, mi rendeva proprio impossibile accorgermi della loro esistenza. Però, anche l'occhio vuole la sua parte... E adesso l'occhio, in quel punto lì, non vede più altro che un sacchettino di pelle vuota. Pare che questo debba servire a rendermi un po' meno aggressivo. Chissà perché, allora, non si riserva a tanti umani lo stesso trattamento... A cominciare da quelli che mi hanno scaraventato giù dall'auto. Sono molto più pericolosi, quelli, di me. E poi, io non aggredisco così, per sfizio, senza motivo. Reagisco alle provocazioni, questo sì, non sono mica un Gandhi in forma canina. Non posso vendicarmi delle offese tracciando righe con una chiave sulla fiancata dell'auto del nemico, anche perché il mio nemico non ha un'auto e nemmeno una patente. Cos'altro potrei fare, se non mordere? Ad ogni buon conto, credo che sia meglio darmi una calmata, davvero, perché la promessa successiva è stata "Se non basta tagliarti le palle, giuro che la prossima volta ti taglio la testa!". E siccome la mia mamma umana è una che tende a mantenere le promesse...

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