"Pablo non c'è più".
E' una delle sere più
belle da quando viviamo qui, Pablo, quella in cui hai scelto di
andartene. Beh no, non è proprio così la faccenda. E' la sera in
cui io ho scelto che tu te ne andassi. Credimi, Pablo, non avrei
voluto che finisse così. Lo so, è molto comodo e consolante, ora
che io sono qui a picchiar le dita sulla tastiera e tu sei là, sotto
i pioppi. Ricordi? Ti ci avevo portato, un bel po' di tempo fa, alla
peschiera di Virle, insieme ai cagnoni di Giorgio, quella bella
Sanbernardo un po' grossolana e quel buffissimo botolo, Pluto.
Ricordi le oche? Non sapevi cosa fossero, a momenti ti butti in acqua
per l'entusiasmo, o forse perché avevi intuito che potesse trattarsi
di qualcosa di commestibile.
Non sono qui per dirti
adesso che le oche, le anatre, gli aironi ed il suono del vento tra
le foglie dei pioppi ti terranno compagnia per l'eternità, perché
so bene che non c'è nessuna eternità, anche se un po' invidio chi
riesce a credere il contrario. Mi sarebbe di grande aiuto, adesso,
poter credere il contrario. Purtroppo l'unica eternità, o comunque
ciò che, rispetto alla breve esistenza a noi concessa, si può
approssimare all'eternità, è quella per cui diverrai parte della
terra che ora ti ricopre, per ragioni biologiche però, non
spirituali.
Ho scelto io, ma solo
perché non avevo scelta. Oh, lo so, non è di grande conforto,
questo, per te. Non allevia affatto il peso di quel metro abbondante
di zolle umide che ti pesa sul capoccione. Già l'anno scorso, più o
meno a quest'epoca dell'estate, ero giunta ad un passo dalla
decisione. Poi la clinica, il ricovero e, da quel momento senza più
sosta, le medicine, le garze, le bende per la ferita all'inguine,
quella brutta piaga proprio in corrispondenza del sostegno del tuo
carrellino. Un supplizio, però a quel guaio avevamo messo una toppa.
Poi la zampa che gonfiava: e qui chissà quante notti il buon Matteo
ha passato in bianco per realizzarti un nuovo carrellino che potesse
alleviare i guai della tua circolazione sanguigna precaria ed a
singhiozzo. Qualche settimana di pace qua e là e poi un nuovo guaio,
una nuova toppa, ora la sbucciatura, ora il gonfiore, ora la pipì
con sangue... Ma sei sempre stato un tipo tosto, uno che tira avanti
con la decisione di un caterpiller, uno che, con la stessa decisione,
prende a capocciate i tronchi degli alberi: in senso metaforico ma
anche reale; il ciliegio, qui in giardino, porta ancora i segni della
collisione con il tuo cranio. C'è anche da dire che per te si è
mobilitato mezzo mondo, tra cui il tuo fedelissimo dottore. Senza di
lui, sarebbe stato tutto molto, ma molto più difficile. Dulcis in
fundo, nella disgrazia, avevi un'immensa fortuna, quella di non
provare alcun dolore, o meglio, di non avere alcuna sensibilità da
metà schiena in giù.
Ma poi quella zampa, la
posteriore sinistra. Subdola, ha cominciato a gonfiare, ma poco.
Nulla di preoccupante. Almeno all'inizio. Poi, sempre di più, ancora
di più. Una ferita, aperta chissà come grazie ad una delle tue
tante corse folli con ribaltamento giù per il pendio. Uno dei tanti
guai. per giorni e settimane, situazione stabile senza novità, fiumi
di disinfettante e pulizie... E poi, la stagione calda, le mosche,
gli antiparassitari, la zampa che gonfia a dismisura. La cancrena,
già avanzata. Quella domenica pomeriggio, addormentato sul tavolo
del dottore, la prima sentenza: "Se questo fosse il cane di un
cliente qualsiasi, lo sopprimerei adesso. E' il tuo cane e per questo
non lo faccio, ma sappi che è da fare". Poi, siccome ogni
sentenza civile concede una possibilità di appello, ci si prova
ancora: è il tuo dottore a prendere il coraggio a quattro mani,
quasi cinque direi, tentando ancora la strada dell'amputazione della
zampa, a livello dell'articolazione, mentre io, fuori
dall'ambulatorio, scavo un fossato a furia di camminare avanti ed
indietro. Perdonami ma non sarei stata fisicamente in grado di
assistere. Ne esci vivo: addormentato, con un pezzetto in meno, ma
vivo. Sono io che, per poco, non ci lascio le piume, a vedere il
moncherino pelato e cucito con tanto di ricamo a punto croce, a
respirare l'aria satura dell'odore del sangue e dei disinfettanti.
Resisto quel tanto che basta per dare una mano a piazzarti sulla
brandina, per la prima notte da dormire con un occhio solo. E non ti
dico che gioia, farti le medicazioni. Lo so, è nulla il mio disagio,
in confronto al tuo; sei tu che ci hai rimesso mezza zampa. Ma tu non
senti nulla; quella zampa, già prima, era come se non ci fosse...
Purtroppo, la porzione di
pelle e di muscolo destinata a ricoprire l'osso, asportata la parte
necrotica, è molto risicata. Il dottore mi avverte subito: non è
affatto scontato che la ferita non si riapra. E' un tentativo. Già,
un tentativo in più quando io ero già quasi rassegnata all'idea di
perderti. Ero molto scettica, lo ammetto, circa l'opportunità di
questo intervento: mi sembrava una forma di accanimento terapeutico,
una crudeltà inutile. Però, d'altra parte, mi son detta, "è
anche vero che lui non sente dolore. Perché non provarci davvero?".
Non che ci credessi
molto, ma mi sono abituata in fretta a vederti con il moncherino
fasciato di bianco, In fondo, era cambiato poco, rispetto a prima.
Era solo una questione estetica. Ti ho viziato, in questi ultimi
quattro giorni, devi ammetterlo. Manicaretti e coccole. Dovevo farmi
perdonare di averti più volte tempestato di scapaccioni e seriamente
minacciato di morte quando hai tentato di uccidere il piccolo
Paolino. Ora sì, ne provo rimorso, anche se la cosa suona parecchio
ipocrita: però devi riconoscere che sei stato davvero una carogna
con lui... Lo hai aggredito, lo hai ferito, lo hai costretto alla
clausura, tutto perché sei sempre stato un cagnaccio ottuso e
prepotente. Hai terrorizzato lui ed anche me. Ti ho odiato, lo sai?
Sì che lo sai, te l'ho sibilato parecchie volte. Ti ho odiato
davvero, almeno tanto quanto ho provato pena per il povero Paolino
che invece è un cagnino piccolo, simpaticissimo e molto furbetto.
Senza mai farti mancare nulla di ciò che mi ero impegnata a darti
quando ti ho caricato in aereo e portato a casa, ti ho comunque
odiato un bel po'. Ho smesso solo quando ho avuto sentore che non mi
sarebbe più rimasto molto tempo per volerti bene. E tu, che, da quel
testone stupidone che eri, avevi appena capito, dopo mesi e mesi,
cosa volesse dire "prendi la palla"... Senza rancore, in
quel momento mi hai portato la palla.
Ora non so se infliggerti
l'amputazione sia stata la scelta migliore. Forse lo è stata per i
cuori di chi ti ha amato, per liberarsi almeno del dubbio corrosivo
di non aver tentato tutto il possibile. Certo non avrei mai voluto
decidere, oggi, di dirti addio così, insomma, inutile girarci
attorno: di ucciderti. Tu avevi voglia di vivere, di giocare, di
abbaiare, e neanche percepivi la cancrena che ti stava divorando la
zampa. Se fossi stato un cane sofferente, non avrei avuto dubbi. Ma
tu oggi hai giocato con la palla, hai mangiato l'insalata di riso con
le olive ed il pollo. Certo, non eri più l'incontenibile
giocherellone di qualche tempo fa; il tuo corpo risentiva di tutte le
frecce che il tuo destino balordo ti aveva inflitto. Ti ho portato a
passeggio, ti ho caricato in auto, ho ascoltato con il cuore in gola
il tuo insolito, immobile silenzio, che so di non poter associare,
come vorrebbe la suggestione, al fatto che tu avessi capito il perché
di quel viaggio. Guardavo, lungo la strada, la corona di montagne
limpidissime, dopo tanti giorni di pioggia. Mi pareva un insulto, ma
le montagne non ne avevano colpa.
Ti metto nelle mani di
Giorgio a pochi passi dalla peschiera. So che non fa alcuna
differenza, ma lì, sull'erba, tra il campo di granturco ed i
pioppi... Piuttosto che sul tavolaccio di metallo. L'eco dei latrati
di un cane in una casa poco lontana, un bel rottweiler con un testone
come il tuo, risveglia il tuo istinto guerriero ed il tuo vocione...
Ma l'anestesia ti sta già via le forze. Ti accucci, addormentato,
proprio come facevi nel tuo cassettone. Come ti vedevo qualche volta
al mattino presto, troppo presto, quand'era ancora buio e non volevi
saperne di mettere le ruote. Anche qui, adesso, sembri un cucciolo
troppo cresciuto, con la zampona sotto il muso a mo' di cuscino. Ti
accarezzo la testa. Non ho il coraggio di guardare l'ago.
"Non c'è più".
Questa volta, è l'ultimo grado di giudizio. 27 marzo 2013, 27 luglio
2014, una coincidenza, sedici mesi insieme. Per te, poco più di
diciannove mesi di vita, troppo pochi. Ti devo tanto, Pablo, mi hai
tirata via per i capelli dal pozzo in cui stavo per cadere, sei stato
il calcio nel didietro che mi ha dato la spinta per cambiare tutto,
casa e vita. Qualcuno ancora dice che costringerti a vivere, da
paralitico, sia stato un atto di egoismo e crudeltà. Che un cane
come te avrebbe dovuto essere soppresso subito. Io non ho ancora,
adesso, l'animo di scorrere le tue fotografie, ma il cervello non si
ferma, rumina e ricorda, ti vede correre come un forsennato, prima
con il sospensore e la sottoscritta che ti caracolla dietro, e poi
con le ruote, libero. Certo, non hai potuto vivere appieno da cane
quattrozampe, ma ci sei andato molto, molto vicino, hai abbattuto un
sacco di confini e superato, letteralmente, innumerevoli scalini. Ora
è tutto finito. Torno a casa con il cuore sbriciolato come ghiaia:
dalla cancellata mi attendono i tuoi fratelloni pelosi... Solo questa
mattina, dietro di loro sei arrivato anche tu, con le rotelle, appena
risalito dal fondo del giardino, con le enormi orecchie dritte e quei
tuoi disgustosissimi candelotti di bava dalle labbra pendule.
Stasera, dietro di loro, il tuo carrellino, immobile, vuoto. Dimmelo
tu, Pablo: è valsa la pena, di vivere? Perdonami se ti metto in
bocca una risposta che tu non hai pronunciato; forse non l'hai
espressa con le parole, ma io sono certa che, con gli occhi, tu mi
abbia detto almeno mille volte sì...
Grazie di cuore:
a Tanya e Filomena, che
hanno salvato e curato un piccolissimo Pablo;
al dottor Giorgio
Monasterolo, che non ha mai fatto mancare la sua assistenza, anche e
soprattutto nelle ore e nei giorni meno ortodossi: notti, sabati,
domeniche e feste comandate;
ad Alessandro di
"Carrellini del Mago", che ha montato Pablo su ruote;
a Matteo Repetto, che è
stato onnipresente sostegno morale e materiale di Pablo e della sua
mamma, che ha lavorato di meccanica e carpenteria sul carrellino, che
ha fatto da bambinaio al quattrozampe e da parafulmine per l'umana
nei suoi momenti più bui;
a mamma, che da mamma non
ha mai approvato l'impresa gravosa in cui mi sono buttata con Pablo,
ma che lo ha amato quanto me e che per noi si è fatta in quattro, in
otto, in sedici e anche di più
a tutti coloro che hanno
donato a Pablo un giocattolo, una carezza, una parola, un gesto
gentile, e che, vicino o lontani, hanno gioito e sofferto per lui.
Addio Pablo.
Non so cosa tu abbia in mente per fare in modo che la storia di Pablo non sia stata vana, ed io credo che non lo sia stata, già così come è andata, perché ha insegnato a molti che un animale disabile debba e possa vivere gioiosamente, e che non sia un rifiuto da far sopprimere, cosa che molti pensavano fino a poco tempo fa e che ancora qualcuno pensa, ma sarebbe bello che il metodo-Pablo/Giancarla/Carrellini del Mago/Matteo Repetto e company si potesse esportare e diffondere, magari ci si può lavorare ancora e si può anche migliorare, come ci avete insegnato in questi mesi sempre più giocosi, felici e migliori per il benessere di Pablo, a parte il maledetto caldo afro-sub-tropicale durato pochi gg in questo incredibile e piovoso luglio 2014 qui al nord ed a parte le maledette mosche con larve..........ciò che la fibra di Pablo non ha mai sopportato, e si è visto fino alla fine............Facci sapere le tue intenzioni, magari ti possiamo seguire anche nelle nuove avventure! Sono molto affezionato a questo gruppo, a te, ai tuoi pelosi, alla tua famiglia, ai tuoi amici, e chiaramente Pablo rimarrà per sempre nel mio cuore, e non mi chiedere il perché, non riesco proprio a spiegarlo! Ti chiedo, quando potrai e vorrai, di pubblicare tante immagini di Pablo e di tutti i tuoi pelosi, di tutti voi insieme, mi farebbe molto piacere vedere ogni gg una foto di Pablito, che saluta tutti noi da FB! Ciao e forza, fai tante coccole ai tuoi pelosi, anche a quelli nuovi, ovviamente, loro ti sapranno dare tanto coraggio per continuare a testa alta e con serenità, come fanno i miei con me, sempre, loro sono magici, soprattutto se sono stati salvati dalla strada, come nei nostri casi! A volte mi viene voglia di aprire un centro per aiutarne tanti, ma in Italia non penso sia cosa facile e coniugabile con un lavoro pesante come il mio, ma sarebbe bellissimo, un sogno per me; mi sono interessato e mi hanno vivamente sconsigliato, ma è un vero peccato per chi ha sentimenti profondi verso gli animali: ci sono tanti centri in Italia con gentaglia che sfrutta e maltratta i pelosi, già così sfortunati; vigliacchi approfittatori, che vivono sulle sfortune animali! Ma ci sono anche tante persone che li aiutano con tutto il cuore, solo e semplicemente da volontari: grande stima per loro! Poi ci siamo noi, che li salviamo dalla strada e che li adottiamo per sempre! Speriamo, però, che le cose migliorino, che tanti esempi come il tuo ispirino sempre più persone a compiere bei gesti per aiutare i pelosi! Mi sono dilungato troppo.......scusate lo sfogo.......il dolore per Pablo fa brutti scherzi.........Un caro saluto a tutti!
RispondiEliminaGiancarla Agostini e tutti gli amici di Pablito: credo che la sofferenza per la mancanza di quel bel "tipino" di Pablo, così magnetico, che ha catturato tanto amore, anche da lontano, vedi il mio, durerà, deve durare, Pablo deve mancare, perché solo così significa che il bene verso di lui era tanto e sincero. Lui ha richiesto tantissimo da parte tua e di tanti altri, ma vorrei veder scritto da tutti che Pablo ha dato molto, come tu Giancarla hai saputo così ben esprimere sul PaBlog! Grande Pablo, aveva qualcosa di speciale dentro di lui,che noi umani non possiamo spiegare bene a parole, ma che abbiamo saputo cogliere, almeno alcuni di noi, anche solo da qualche video, da qualche foto, soprattutto quelli che come me hanno seguito il tutto dall'inizio, dal suo ritrovamento in quelle incredibili condizioni, in cui era stato ridotto dalla mano infame di qualche umano! Ma lui aveva una voglia incredibile di vita, nonostante tutto, nonostante il suo crapone, ma tanti vizi gli avevano dato una autostima incredibile, non è vero Giancarla???!! E lui ha fatto del suo meglio, ed ha spinto ad un cambiamento, che, altrimenti, non stava avvenendo. Giancarla, tu gli hai donato una parte di vita serena e gioiosa, per la maggior parte, lui ti ha donato ancora più carattere di quello che già avevi, tu hai migliorato la sua vita, lui ha migliorato la tua, la pet therapy di Pablo, almeno così sembra, leggendo i tuoi scritti! Poi hai amici pelosi e non, familiari, noi del gruppo, che ti stiamo vicino, ed a poco a poco il dolore passerà, per far posto ai ricordi belli ed agli insegnamenti positivi della breve vita di quel "monellaccio tritamaroni"! Forza, ti sono vicino, e MAGNIFICO PABLO FOREVER!
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