Come ogni sera, esco in giardino per recuperare Pablo ed accompagnarlo a nanna. Ho un bel chiamarlo: nessuna traccia di lui. Pablo, Pabloooo!!! Perlustro il territorio: ecco, il marrano sta inseguendo chissà che nell'angolo più buio del giardino. Lo chiamo con voce imperiosa: "Pablo!". Questa volta, si convince che sia più saggio obbedire... Un nanosecondo: ha già travolto quel che resta della povera rosa sulla sua traiettoria, è saltato - sì, saltato! - sul battuto di cemento e si è già schiantato contro le mie tibie. La massa di Pablito, già tutt'altro che trascurabile, più quella del carrellino. Con tutto il suo entusiasmo, che si traduce di solito in una terrificante colata di bava. Non impreco neanche più: ormai le tibie han fatto il callo. "Pablo, è ora di nanna". Giro i tacchi e mi avvio: basta un cenno; dietro di me, il rumore di ferraglia mi conferma che il mio piccolo rottweiler malriuscito è lì, passo dopo passo. Proprio come farebbe qualsiasi altro cane. Gli accarezzo il testone, gli stringo il muso tozzo da molosso, tocco la sua fronte con la mia.
Pablo, io non credo ai miracoli. Tu sei la mia unica eccezione.
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