giovedì 30 gennaio 2014

Ancora neve

C'è stato un breve periodo della mia esistenza in cui la neve mi piaceva. Da piccoli, siccome si era bambini senza fantasia, si faceva quel che tutti i bambini facevano: il pupazzo di neve ed il lancio di gelidi proiettili ben schiacciati con le mani. Mai che il pupazzo riuscisse come quelli che si vedevano nelle fotografie sui giornali o in TV, bello, liscio, armonico, con la carota al posto del naso, il cappello, i bottoni per gli occhi. I nostri pupazzi erano regolarmente storti, sbilenchi, di una tristezza tale che persino le nostre madri dovevano impegnarsi in uno sforzo ciclopico di menzogna per assicurarci che si trattava di capolavori. Eppure, fiduciosi, ogni volta che nevicava, ci si riprovava.

La neve era una festa quando la si poteva incontrare per scelta e non per forza; quando si poteva sì scendere a giocare in giardino, ma poi ci si ritirava al caldo del termosifone e di lì non ci si schiodava più. Ho cominciato ad odiarla ai tempi della scuola, dei viaggi da pendolare, del lavoro. Soprattutto, da quando mi sono innamorata dello sport, la corsa, la bici, la montagna. Freddolosa come sono... La detesto.

Tra ieri ed oggi, ne è caduta tutto sommato poca; quella poca si sta già sciogliendo, sembra. Per fortuna. Però il manto bianco ha resistito quel tanto che è bastato per permettere a Pablo di disegnarci sopra un groviglio inestricabile di rotaie, tale che ricostruire il suo arzigogolato percorso sarebbe quasi impossibile. Apro la finestra del primo piano e lo vedo là, in fondo al giardino, incurante del gelo: nero com'è, spicca evidentissimo. Per niente mimetico, direi. Lo osservo correre come una biglia impazzita: il suo carrellino, oggetto di mille modifiche frutto della fantasia ingegneristica del papà adottivo genovese, si solleva quasi da terra quando incoccia in un sasso o in una buca; le ruote travolgono tutto quel che trovano sul passaggio: guai se avessi mai pensato di dedicare un po' di spazio all'orto di casa....

Scendo in giardino per convincerlo che è ora di nanna. Nonostante in questi giorni stia trascorrendo pochissime ore sul carrellino, non oppone troppa resistenza. Il freddo pungente, l'umidità sul pelo, non piacciono nemmeno a lui. La sua sagoma nera, con i due siluri ben ritti sul testone, spunta da dietro lo spigolo della casa. Capisce, bontà sua, che lo sto chiamando; parte a razzo ed io già recito il requiem per le mie rotule... All'ultimo microsecondo, riesco a scansarmi e ad afferrarlo per la pettorina. E' troppo lanciato per improvvisare un cambio di direzione. Si ferma, sorride - sì, Pablo non può scodinzolare, ma sorride moltissimo! - e fa il possibile per saltare, come qualsiasi cane che ama metter le zampe addosso all'amico umano. Il guaio, povero piccolo, è che saltare con la sola spinta delle zampe anteriori è quasi impossibile, soprattutto per una bestiola della tua stazza. Dai, a nanna: strato spesso di giornali vecchi, due borse dell'acqua calda, il tappeto, qualche straccio per farti da cuscino. L'operazione di carico e scarico dal carrellino non è mai del tutto tranquilla e controllata: di solito il povero Pablo precipita rovinosamente su un fianco, rischiando puntualmente di essere travolto dal crollo strutturale della sottoscritta. Ore e ore di palestra per rinforzare le braccia e riuscire a maneggiarlo!

Rassegnati, Pablo. Il meteo annuncia cinque giorni di neve e pioggia. Comunque non preoccuparti: è già pronta la versione del carrellino anfibia!


giovedì 23 gennaio 2014

Ammiratori

Ora di pranzo e di palestra: borsa pronta, quattro coccole sul testone a Pablo ed una sistemata alle zampe carrello... Et voilà, si parte. Mi chiudo la porticina alle spalle: il mostro a rotelle resta lì, dietro le sbarre, a guardarmi andar via con quella sua espressione malinconica da generatore di sensi di colpa. "Sei sempre in giro, non passi mai un po' di tempo con me": glielo leggo negli occhi, il rimprovero. Pochi passi ed incrocio due anziani con le borse della spesa, di ritorno dal mercato. Mi volto, fingendo noncuranza; ormai so già come va a finire... Pablo, individuati i due estranei nel campo visivo, si affanna ad abbaiare furiosamente, con quel vocione che sembra provenire dalle più profonde cavità terrestri. Quelli lo guardano e tirano dritto; un istante dopo si fermano e guardano dinuovo, increduli: di lì in poi è tutto un allungar di colli, strabuzzare d'occhi, parlottare fitto fitto. Un cane con le ruote. Oh perbacco, dove s'è mai visto un cane con le ruote. Pablo, catturata l'attenzione, vorrebbe anche le coccole: dall'abbaio passa ad uno stridulo guaito che strapperebbe il cuore al più spietato dei criminali. Il solito melodrammatico... Forse ha solo percepito la presenza di prosciutto nelle sporte dei suoi ammiratori. I due viandanti vorrebbero avvicinarsi al cancelletto ma non osano; parlottano ancora un po', poi risolvono di riprendere il cammino verso casa. Immediata e fiera la protesta vocale del mio cane corso riuscito male, finché i due non escono dal raggio degli occhioni e delle orecchie di Pablito. Non c'è che dire, piccolo, sei proprio un buffone nato!

mercoledì 15 gennaio 2014

Lotta all'ultima fasciatura

Pablo... Io ho un vago sospetto, così, proprio solo una sfocata impressione... Che tu mi stia menando per il naso, se non proprio prendendo per il didietro. Non è mica possibile. Dimmi la verità, ci sei o ci fai? Qualsiasi cane al mondo, quando lo sgridi e lo prendi a scapaccioni, minimo minimo si spaventa. O almeno si offende. Oppure ancora si inalbera ed azzanna il padrone. Tu no, niente di tutto questo. Stai lì immobile sul tappeto, mi guardi come se nulla fosse, con le orecchie tese che sembrano due ripetitori... Sbuffi, mi dai il tempo di allontanarmi e ricominci tutto da capo. Io ti sento rovistare, perché sai, deficiente sì ma fino ad un certo punto; urlo, ti abbatto altri due scapaccioni sul capoccione, tanto che la povera Céline arriva tutta tremante e spaventata... E tu? Niente, imperterrito. Ancora mi guardi e pensi, sì, ammesso che quel grosso cranio vuoto sia in grado di elaborare un pensiero, pensi che io tra un attimo me ne andrò e tu tornerai a strapparti la fasciatura dalle zampe. Insomma... Guarda che io non mi sto mica divertendo, eh. Non è per bellezza, che ti avvolgo le zampe nelle bende. Tra l'altro, il verde di queste bende adesive fa a pugni con il nero del tuo pelo. Lo faccio perché sei un colabrodo, hai tanti di quei buchi da far impallidire una groviera; per una piaga che si rimargina, ce ne sono altre tre pronte a far capolino. Solo che la benda, su di te, resiste all'incirca trenta secondi. Tempo necessario perché tu la maciulli e te la mangi. Allora, intorno alla benda, ti arrotolo il nastro da pacchi; qui il tempo di rimozione e masticazione si allunga ad un minuto. Vuoi la guerra, benissimo; oltre alla benda ed al nastro da pacchi, ti avvolgo entrambe le zampe nell'inserto "Finanza e Mercati" de "Il Sole 24 Ore", tanto io non lo leggo e se anche lo leggessi non lo capirei. E poi, tra le tue orride fauci e le zampe, piazzo una confezione da sei bottiglie di acqua minerale. Azzardati a mordere anche quelle e, te lo prometto, concluderai anzitempo la tua esperienza di vita su questa terra. Ti stacco la coda e te la faccio passare da un orecchio all'altro! Possibile? Tu quelle zampe non le senti! E' come se non le avessi! Mi puoi fare questo grande favore? Dormi, mettiti giù e dormi, tu che puoi; non farmi strappare l'ugola a furia di urlare. Fammi contenta, lascia le fasciature al loro posto. Così, se riesco a renderti un po' meno rottame, posso anche concederti qualche mezz'ora in più sulle rotelle per inseguire Céline.

sabato 4 gennaio 2014

2014, altri guai in vista!

Se mai avessi avuto bisogno di conferma, adesso ce l'ho, Pablito: se tu mi chiedi di tornare a nanna dopo una sola ora trascorsa a scorrazzare per il giardino con il carrellino... Significa proprio che c'è qualcosa che non va. Del resto, sarebbe piuttosto difficile far finta che vada tutto bene. Quella piaga sulla zampa è diventata un buco, un cratere, una voragine; persino il doc, oggi, s'è messo le mani nei capelli. E via a togliere parti di tessuto necrotico, con la pila frontale in testa e le forbicine nelle mani, mentre io facevo del mio meglio per tenerti fermo. Certo, non è per il dolore che ti agiti; non senti nulla, lì dietro. Ma capisco che tu possa essere irritato, con questa gente che prima ti ribalta e poi tenta di immobilizzarti! A proposito, grazie per la pazienza. Non avermi neanche morso, perlomeno non così seriamente, da parte tua è stato un gran gesto di affetto. Già ero al limite dello svenimento, alla vista di un simile banco di macelleria... Ho fatto appena in tempo a raggiungere, dopo, una sedia, prima di stramazzare. Il doc era preoccupato che gli toccasse soccorrere anche l'umana, oltre al cane. E adesso? Mi spiace, Pablo, non so darti altra risposta che quella che ormai ti do da diversi giorni. Antibiotico, disinfettante. Mettiti giù sul tuo tappeto, fai nanna. Hai più buchi tu di una fetta di groviera. Se solo mi facessi la cortesia di non distruggere la fasciatura per almeno dieci minuti da quando io te la sistemo... Non costringermi ad infliggerti anche il collare Elisabetta, dai. Certo che la storia del sistema immunitario canino molto più robusto di quello umano deve avere ben più che un fondo di verità... Hai una ferita aperta da luglio, un'altra da un mesetto a questa parte, più quest'ultima che si è aggiunta ed ha voluto strafare per stracciare le precedenti... Un essere umano, in questa condizione, sarebbe già stato colpito da almeno quindici infezioni letali. Tu, insomma, te la cavi... Ed io in questo caso ringrazio, di tutto cuore, che tu non possa sentire nulla. Per ora, a patire per te sono solo io, va bene così. Non so cos'altro fare, è questo che mi tormenta. Del resto, ho tanti di quei dubbi irrisolti e problemi senza soluzione per me stessa, che non posso certo pensare di risolvere i guai altrui. Cerca di metterci del tuo, Pablito, tieni duro. Mettiti a nanna, grufola, mastica lo straccio e la tua bambolina, finché sonno non vi separi. E fino a domani mattina non ci pensiamo più.