Quali sono le caratteristiche che distinguono le mamme ed i papà dei cagnotti con una marcia in meno rispetto a tutti gli altri? Lo imparo presto sulla mia pelle. I calli sulle mani, ad esempio. Per i primi tempi, accompagno Pablo a spasso sostenendogli il posteriore con una vecchia sciarpa, un asciugamano arrotolato o la cintura dell'accappatoio passati sotto l'inguine; il piccolo, però, è un terremoto... Tira, molla, stringi, sfrega: in capo a pochi giorni ho una forza nelle dita che neanche Manolo; credo che potrei sollevare il mio stesso peso facendo lavorare solo un paio di falangi. E la pelle, beh... Diciamo che, già per abitudine, non ho mai badato all'estetica; adesso però il disastro è completo, calli e segni di abrasione ovunque. Come se non bastassero i traumi meccanici, ci si mettono anche quelli chimici: consumo litri e litri di detersivi per tenere pulitissima la tettoia sotto cui ricovero il piccino. Dovrei indossare sempre i guanti, lo so, ma spesso vincono fretta e superficialità.
Che dire, poi, dei graffi e dei lividi sulle gambe? Sincronizzare il passo con quello di Pablo non è una sciocchezza. Ogni due o tre passi, le sue zampone cozzano contro le mie tibie, per non parlare dei raptus per cui il demonio peloso si gira di scatto, attratto da chissà che, e si lancia di corsa, schiantandosi dopo un nanosecondo contro una delle mie rotule. Magari poi, infastidito, mi molla pure uno sganassone; e sì che io lo sgrido e gli rifilo uno scapaccione sulle spalle - sul didietro non potrebbe percepirlo -, ma intanto i canini li ho assaggiati. Un giorno in cui mi coglie l'infelice idea di giocare con lui al tiro alla fune, il piccolo satanasso salta direttamente alla fonte, ovvero alla mia mano che regge lo straccio: risultato, squarcio nel polpastrello, sangue ovunque, garze e cerotti a volontà. Così imparo a contraddirlo... Terrorista col pelo!
Il naso, ben presto, si fodera di amianto per reazione naturale ai miasmi che esalano da certi residui depositati in quantità francamente impressionante; secondo me, Pablo è una forma di miracolo, colui che è in grado di moltiplicare la materia con l'aiuto del tubo digerente. Gli zampilli liquidi, poi, dove colpiscono, colpiscono; si impara a non farci nemmeno più caso.
Infine, direi, l'occhio fisso e lo sguardo allucinato... Con un cane come Pablo, non ci si può permettere né molta libertà, né tantomeno il sonno del giusto. Tocca alzarsi almeno una volta nel cuore della notte e comunque ben prima dell'alba al mattino, per concedergli una passeggiata ma soprattutto per evitare di trovare quel che resta di un attacco chimico-batteriologico nella cuccia. Ma sono lieta di questo nuovo ritmo di vita: ero scivolata pian piano, da mesi, in un torpore pigro che con la me stessa di qualche anno fa non aveva proprio nulla a che vedere. Troppe volte mi era capitato di non aver voglia di alzarmi al suono della sveglia, di restare intontita sul divano anziché schizzare giù per uscire, che so, a correre o in bici all'ora in cui il resto del mondo russa tra le braccia di Morfeo. Pablo mi ha dato la scossa. Per carità, non sono certo un eroico soldato; alle cinque del mattino giro intorno a casa con la palpebra tenuta su con le pinze da bucato e l'entusiasmo vitale di un bradipo ottuagenario, mentre, alla fine del mio braccio, l'instancabile produttore di cacca zampetta gioioso e perfettamente sveglio. Non importa, quel che conta è la disciplina, e poi le giornate pian piano sempre più lunghe aiutano... Alle cinque del mattino, verso giugno, è già chiaro. Acquisisco una routine: passeggiata, pulizia della cuccia, accurato esame della pelle a caccia di piaghe o abrasioni varie; pulizia del pelo con carta da cucina e shampoo a secco per cani; ogni tanto, doccia nella mia vasca da bagno. Nonostante possa staccarmi una mano a suo piacimento, con la poderosa mascella che si ritrova, Pablito tollera, pur senza troppo entusiasmo. E sì che lo asciugo con il mio personale accappatoio!
A sera, braccia, spalle e schiena gridano vendetta. Pablo vuole correre, ama giocare con Céline che si sta rivelando una "sorella maggiore" amorevolissima. Lui le morde la coda, lei lo scaccia con un ruggito impressionante, ma un attimo dopo è ancora lì a richiamarne l'attenzione. Lei scappa, lui la insegue, io idem, sfidando la forza di gravità a serissimo rischio di inciampare e disintegrarmi. Vaglielo a spiegare, al piccoletto, che un cane come lui non può correre. E' un'affermazione che per lui non ha alcun senso. Non c'è alternativa: bisogna dotarlo di ruote. Anche se ho la tragica sensazione che, quando lui sarà dotato di ruote, a me toccherà passar la vita ad inseguire!
mercoledì 26 giugno 2013
lunedì 24 giugno 2013
Costruzione della casa
Non credo di peccare di mania di persecuzione, se affermo che quest'anno il meteo sta cospirando contro di me. Ho disperatamente bisogno di un po' di sole, di temperature miti che mi permettano di pensare ad una sistemazione all'aperto per Pablo... Ma non c'è verso: passa aprile, arriva maggio, le giornate sono fredde ed uggiose, le notti gelide. Non è certo la condizione ideale per il piccolo siculo, che, oltre ad essere cresciuto in un clima caldo, è ancora tanto indifeso e tanto magro. Non è entusiasta, lui, di restare tutto il giorno in casa, nonostante io faccia i salti mortali per concedergli tutte le passeggiate possibili; non sono entusiasta nemmeno io, che ormai, tra stracci, spazzoloni e detersivi, ho già speso un capitale. Ma tant'è...
In attesa che Giove Pluvio si stufi di tormentarmi, faccio lavorare il povero sovraccarico neurone. Dunque: come residenza estiva, la tettoia potrebbe andar bene. Si è sempre definita "tettoia", in pratica è un garage senza porte; una struttura coperta in cemento, occhio e croce dieci metri quadri o poco più di superficie libera. Il pavimento è anch'esso in cemento: come fare per renderlo liscio alla perfezione, in modo che Pablo possa trascinarsi senza ferirsi? Non sono mai stata un asso nel bricolage; meglio lanciare un appello a tutti i miei conoscenti, con Facebook; confido che tra loro ci sia qualcuno che può darmi un buon suggerimento. In effetti, le idee sono tante, alcune davvero acute. C'è chi suggerisce una specie di vernice che, posata sul cemento, crea una sorta di "secondo pavimento" liscio e lavabile; soluzione che mi parrebbe assai pratica, se non fosse che non voglio creare modifiche permanenti o quasi alla struttura, dato che non sono l'unica proprietaria. C'è invece chi mi parla del linoleum, quello che si vende a rotoloni in ferramenta. Ma guarda tu... E dire che io quei rotoloni li ho sempre visti, e mai mi ha sfiorato l'idea che potesse trattarsi di finti pavimenti. Si usano anche per far giocare i bambini, mi dicono; sono lisci e facilmente lavabili. Mumble, mumble...
Un sabato mattina mi tuffo alla Prealpina, un magazzino per il "fai da te" aperto da poco a Carmagnola. Di buon'ora, così non mi tocca affrontare troppa umanità. Questo genere di negozi ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, anche se a stento sono in grado di avvitare una lampadina... In effetti, entro con un'idea precisa in testa, ma subito mi perdo a vagare con occhio a palla tra gli scaffali, dalle tende per giardino ai decespugliatori, ai ricambi per i sanitari, alle cesoie, ai diserbanti, alle cucce, alle scale ed alle punte per i trapani... A fatica mi riconduco sulla retta via, verso il motivo per cui sono entrata qui dentro. I rotoloni! Allora... Eccoli qua, in un sacco di tinte e motivi diversi. C'è il disegno del finto parquet, quello a quadrettoni colorati, quello con la planimetria delle strade per giocare con le automobiline... Opto per il più sobrio linoleum bianco, su cui dovrebbe essere più facile individuare lo sporco. La lunghezza, la valuto ad occhio, perché ovviamente mi sono dimenticata di prender le misure della tettoia. Poi prendo anche un grosso pezzo di telo di plastica, quello che si usa per le serre. La mia idea è di piazzare il linoleum sul pavimento e ricoprire tutto con la plastica trasparente, da fissare ai lati con dei pesi - ho giusto un po' di piastrelle avanzate dai lavori in casa - e del nastro adesivo da elettricista. Così Pablo, strisciando, non trascinerà via il telo. Ecco, mi manca la bobina di nastro. Già che ci sono, butto nel carrellone anche un paio di flaconi di insetticida ed un sacchettone di crocchette "puppy"... Meno male che la Zafirona è grande e contiene tutto.
Tempo di rientrare a casa... E il sacro fuoco del fai da te mi coglie. Ho già paura: di solito, il risultato finale di questi raptus è penosamente, sconsolatamente molto lontano da quel che avevo immaginato. Eppure, questa volta, mi stupisco di me stessa: dopo aver disperso nell'aere litri e litri di sudore, nonostante il clima rigido, mi accorgo che in effetti è proprio questo, ciò che avevo disegnato nella mia mente. La superficie è perfettamente liscia; il pavimento è tutto a disposizione del piccolo, tranne un lato dove ho piazzato lo scaffale e la bici da spinning, per allenarmi tenendo compagnia al peloso. Sfruttando il lato inclinato della vasca in cemento, ho ricavato la cuccia coperta. Sul lato aperto del locale ho piazzato una vecchia scala a pioli a mo' di "grata" per impedire che Pablo si allontani dall'area protetta. Mi basterà lasciare sempre a disposizione una bacinella con acqua e detersivo, nonché un paio di guanti ed uno spazzolone; le "emergenze igieniche", qui, saranno più facili da gestire.
Il problema abitazione, almeno per la bella stagione, sembra risolto. Intanto, confido che, con il passare dei mesi, Pablo cresca e perda un po' della sua incontenibile esuberanza, in modo da poterlo riaccogliere in casa in inverno senza troppi disagi. Resta da risolvere il problema del sostegno: per ora, va benissimo la sciarpa sotto il pancino, all'altezza dell'inguine, ma... Pablito è destinato a crescere parecchio, così sembra; non so se e per quanto riuscirò a sostenerlo a braccia, anche se, per fortuna, non sono certo un fuscellino. Spulcio i vari siti Internet dedicati agli animali con paralisi: esistono i sospensori, le scarpine, i carrellini, insomma, qualcosa m'inventerò anche qui. Per ora sono contenta che Pablito si trovi bene all'aperto, con tanto spazio e tutti i suoi giocattoli a disposizione, con vista sul giardino, anche se il mio giardino non è altro che un'incontrollata distesa di erbacce. A quanto pare, a lui non interessa il prato inglese; correre tra i "peru peru" e terrorizzare le tartarughe sembra proprio renderlo felice. Ditemi quel che volete, ma i cani sorridono! E per sorridere si accontentano di molto meno di ciò che serve a noi umani...
In attesa che Giove Pluvio si stufi di tormentarmi, faccio lavorare il povero sovraccarico neurone. Dunque: come residenza estiva, la tettoia potrebbe andar bene. Si è sempre definita "tettoia", in pratica è un garage senza porte; una struttura coperta in cemento, occhio e croce dieci metri quadri o poco più di superficie libera. Il pavimento è anch'esso in cemento: come fare per renderlo liscio alla perfezione, in modo che Pablo possa trascinarsi senza ferirsi? Non sono mai stata un asso nel bricolage; meglio lanciare un appello a tutti i miei conoscenti, con Facebook; confido che tra loro ci sia qualcuno che può darmi un buon suggerimento. In effetti, le idee sono tante, alcune davvero acute. C'è chi suggerisce una specie di vernice che, posata sul cemento, crea una sorta di "secondo pavimento" liscio e lavabile; soluzione che mi parrebbe assai pratica, se non fosse che non voglio creare modifiche permanenti o quasi alla struttura, dato che non sono l'unica proprietaria. C'è invece chi mi parla del linoleum, quello che si vende a rotoloni in ferramenta. Ma guarda tu... E dire che io quei rotoloni li ho sempre visti, e mai mi ha sfiorato l'idea che potesse trattarsi di finti pavimenti. Si usano anche per far giocare i bambini, mi dicono; sono lisci e facilmente lavabili. Mumble, mumble...
Un sabato mattina mi tuffo alla Prealpina, un magazzino per il "fai da te" aperto da poco a Carmagnola. Di buon'ora, così non mi tocca affrontare troppa umanità. Questo genere di negozi ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, anche se a stento sono in grado di avvitare una lampadina... In effetti, entro con un'idea precisa in testa, ma subito mi perdo a vagare con occhio a palla tra gli scaffali, dalle tende per giardino ai decespugliatori, ai ricambi per i sanitari, alle cesoie, ai diserbanti, alle cucce, alle scale ed alle punte per i trapani... A fatica mi riconduco sulla retta via, verso il motivo per cui sono entrata qui dentro. I rotoloni! Allora... Eccoli qua, in un sacco di tinte e motivi diversi. C'è il disegno del finto parquet, quello a quadrettoni colorati, quello con la planimetria delle strade per giocare con le automobiline... Opto per il più sobrio linoleum bianco, su cui dovrebbe essere più facile individuare lo sporco. La lunghezza, la valuto ad occhio, perché ovviamente mi sono dimenticata di prender le misure della tettoia. Poi prendo anche un grosso pezzo di telo di plastica, quello che si usa per le serre. La mia idea è di piazzare il linoleum sul pavimento e ricoprire tutto con la plastica trasparente, da fissare ai lati con dei pesi - ho giusto un po' di piastrelle avanzate dai lavori in casa - e del nastro adesivo da elettricista. Così Pablo, strisciando, non trascinerà via il telo. Ecco, mi manca la bobina di nastro. Già che ci sono, butto nel carrellone anche un paio di flaconi di insetticida ed un sacchettone di crocchette "puppy"... Meno male che la Zafirona è grande e contiene tutto.
Tempo di rientrare a casa... E il sacro fuoco del fai da te mi coglie. Ho già paura: di solito, il risultato finale di questi raptus è penosamente, sconsolatamente molto lontano da quel che avevo immaginato. Eppure, questa volta, mi stupisco di me stessa: dopo aver disperso nell'aere litri e litri di sudore, nonostante il clima rigido, mi accorgo che in effetti è proprio questo, ciò che avevo disegnato nella mia mente. La superficie è perfettamente liscia; il pavimento è tutto a disposizione del piccolo, tranne un lato dove ho piazzato lo scaffale e la bici da spinning, per allenarmi tenendo compagnia al peloso. Sfruttando il lato inclinato della vasca in cemento, ho ricavato la cuccia coperta. Sul lato aperto del locale ho piazzato una vecchia scala a pioli a mo' di "grata" per impedire che Pablo si allontani dall'area protetta. Mi basterà lasciare sempre a disposizione una bacinella con acqua e detersivo, nonché un paio di guanti ed uno spazzolone; le "emergenze igieniche", qui, saranno più facili da gestire.
Il problema abitazione, almeno per la bella stagione, sembra risolto. Intanto, confido che, con il passare dei mesi, Pablo cresca e perda un po' della sua incontenibile esuberanza, in modo da poterlo riaccogliere in casa in inverno senza troppi disagi. Resta da risolvere il problema del sostegno: per ora, va benissimo la sciarpa sotto il pancino, all'altezza dell'inguine, ma... Pablito è destinato a crescere parecchio, così sembra; non so se e per quanto riuscirò a sostenerlo a braccia, anche se, per fortuna, non sono certo un fuscellino. Spulcio i vari siti Internet dedicati agli animali con paralisi: esistono i sospensori, le scarpine, i carrellini, insomma, qualcosa m'inventerò anche qui. Per ora sono contenta che Pablito si trovi bene all'aperto, con tanto spazio e tutti i suoi giocattoli a disposizione, con vista sul giardino, anche se il mio giardino non è altro che un'incontrollata distesa di erbacce. A quanto pare, a lui non interessa il prato inglese; correre tra i "peru peru" e terrorizzare le tartarughe sembra proprio renderlo felice. Ditemi quel che volete, ma i cani sorridono! E per sorridere si accontentano di molto meno di ciò che serve a noi umani...
venerdì 14 giugno 2013
Primi giorni di Pablo a casa
Con un cane come Pablo, la vita non è più la stessa. Osservazione banale, eppure fondamentale. Lo sapevo già, un po' perché ci ho pensato molto io stessa, un po' perché tutte le persone a cui ho parlato dell'idea di adottare il piccolo mi hanno rovesciato addosso una caterva di "ma", di "però", di sospiri rassegnati e di ampi scuotimenti di testa.
Pablo è ancora piccolo, non è abituato al clima piemontese; ha vissuto fino a ieri in una regione ben più calda. Come se non bastasse, quest'anno la primavera tarda a far capolino. Morale della favola, non posso certo sistemarlo fuori. Per fortuna, il pavimento di marmo della cucina è liscio e levigatissimo: perfetto perché Pablito ci si possa trascinare senza procurarsi lesioni. Sistemo una cerata, qualche straccio, la pallina di gomma, la corda con i nodi e tutti gli altri giocattoli, più una ciotola d'acqua.
Si tratta, adesso, di affrontare il capitolo più spinoso, anzi direi, in questo caso, più odoroso. Come devo regolarmi con i suoi bisogni? Quando, ogni quanto? D. mi ha dato qualche suggerimento: sporcherà subito dopo aver mangiato; per fargli far pipì, mi conviene comprimergli la vescica in modo da svuotarla tutta in una volta. Già: l'aspetto forse più penoso della condizione di Pablo è il fatto di non avere il controllo dei visceri. Inutile dire che i primi giorni trascorrono con la bacinella di acqua e lisoformio, lo straccio e lo spazzolone sempre all'opera; provvedo a prendere Pablo in braccio ed a portarlo a spasso in giardino ogni tre ore circa, ma tocca investire un po' di tempo, tanto lavoro di strofinaccio e qualche crisi di amarissimo sconforto, prima di trovare una forma di regolarità. Calma, calma, calma: se Pablo sporca, non è colpa sua; se gira dappertutto in cucina, nemmeno, è un cucciolo, non un pupazzo. Non è colpa sua se piange, non è abituato a stare solo; non è colpa sua se attenta all'integrità della parte bassa di ogni componente di arredo... Mettiamo sul tavolo una bella tovaglia lunga fino a terra e speriamo che nessuno se ne accorga.
Su e giù per le due rampe scale, con in braccio un fagottone già per nulla leggero e per giunta molto agitato; ne guadagneranno il tono dei bicipiti e la linea in generale. Porto Pablo a spasso reggendogli il posteriore con una vecchia sciarpa passata sotto l'inguine; buona soluzione, ma come ogni soluzione porta con sé altri problemi. Le zampe posteriori, distese, molli, rischiano di strisciare per terra e di ferirsi. Le mamme siciliane hanno previsto anche questo e mi hanno lasciato due "scarpine" di gomma; per ora sono perfette, ma non hanno l'aria di essere molto robuste. Quindi, nella lista delle cose da fare: acquisto scarpine per cani. Ammesso che esistano, ma mi documenterò.
La ricerca della vescica è una vera caccia al tesoro: anche qui, mi ci vuole qualche giorno per imparare a sentire la "pallina da tennis" di cui mi ha parlato D., quella da svuotare per conquistare tre ore di pace fino al prossimo tour. Molti sarebbero schifati al solo pensiero: beh, questione di gusti... A me non crea alcun problema la necessità di "gestire" i bisogni fisiologici canini, mentre devo fare a pugni con il più profondo disgusto se mi tocca affrontare la stessa materia ma di origine umana. Ci sono stati momenti, in passato, in cui è stato inevitabile, ma ho fatto una gran fatica, anche se si è sempre trattato di persone di famiglia.
Un paio di settimane di esperienza mi portano alle prime conclusioni: Pablo va portato a spasso ed aiutato a sporcare ogni tre ore circa. Giorno e notte, ovviamente. Caldo e freddo, sereno e vento e pioggia, ovviamente. Per pulirgli il pelo, carta scottex con lo shampoo a secco per cani; ogni tre o quattro giorni, un bel passaggio nella vasca di casa, con suo gran disappunto ma con vivo sollievo per le mie narici. Per mantenerlo asciutto, borotalco sul pancino; per evitare piaghe, crema all'ossido di zinco. Il suo ambiente, alias la mia cucina, deve essere ripulita quasi ogni giorno, un po' per gli "errori di sincronizzazione" tra le uscite in giardino e le sue effettive necessità, un po' perché le sue zampone portano su tutto quel che raccolgono durante la passeggiata. Pappa tre volte al giorno con piccole dosi di crocchette per cuccioli; in più, integratori di vitamine e di sostanze che dovrebbero, in teoria, avere una qualche benefica azione sui legamenti. Io mi trasferisco a dormire stabilmente sul divano, per avere il mostriciattolo sempre sotto controllo. Insomma, un vero e proprio lavoro... E di notte, quando mi sveglio e guardo giù, lo vedo arrotolato su se stesso, immobile, tenerissimo col musetto nascosto sotto una zampotta, il respiro lento e regolare. Vorrei allungargli una carezza; evito di farlo, solo per non risvegliare il piccolo terremoto... Le prime settimane hanno l'effetto di un tornado sulla mia casa e di una raffica di mazzuolate in faccia sulla sottoscritta; addio sonno, addio a quella parvenza di pulizia che già non è mai stata caratteristica di spicco tra le mie quattro mura, addio alla libertà di stare via per giorni interi ma anche solo per mezza giornata, addio alla poca capacità di concentrazione di cui ho ricevuto elemosina alla mia nascita. Tregua armata con Skipper e Céline, che per protesta restano a dormire al piano di sotto, in ufficio. E un perenne sorriso, un po' ebete e molto stanco, per coprire tutto questo, come il tappeto copre il mucchietto di polvere. Non lo ammetterò mai, che rischio di non farcela; non ho altra scelta, se non quella di essere proprio sicura che, presto, andrà meglio. Passato il periodo di acclimatamento, Pablo finirà sul tavolaccio di un bravo dottore che mi possa dire se c'è qualche speranza oppure no. La so già, la risposta, purtroppo, e non credo nei miracoli; non occorre un luminare per sentenziare che il piccolo non camminerà mai; basta guardare le sue zampe posteriori, inerti, molli, senza vita. Voglio solo avere la certezza di aver tentato tutto il possibile.
venerdì 7 giugno 2013
L'arrivo
...e poi arriva il momento fatidico in cui ti ritrovi da solo di fronte alle conseguenze delle tue scelte. Ho già trascorso giorni e notti a fare opera di autoconvinzione: vedrai, non sarà difficile come ti dicono. Ogni volta che imbocchi una strada nuova, ti piovono addosso gli strali di tutti, al di fuori e soprattutto dentro le mura di casa; chiunque si sente in diritto ed in dovere di giudicare, criticare, minacciare con il dito proteso verso il cielo, in stile "Frate Cristoforo" di manzoniana memoria. Quante volte hai pianto, ti sei consumata il fegato, hai visto il tuo futuro di colpo tutto nero, un muro contro cui sbattere inutilmente il capoccione? E quante volte è capitato che le tue paure fossero fondate? Mai o quasi mai. Questo mi ripeto come un'ossessione: arriverà anche stavolta la tempesta... Ma poi passerà. Tieni duro e buttatici contro.
Ciononostante, guidare dall'aeroporto verso casa con il fagottino peloso nell'ampio bagagliaio della Zafira è un tormento. E non ho ancora smaltito lo shock dei due decolli e dei due atterraggi, io che non avevo mai volato... Quasi quasi vorrei che la distanza tra me e l'arrivo per magia aumentasse, anziché ridursi... E invece sembra accorciarsi come se io viaggiassi su un'auto di Formula Uno in circuito. Ho lasciato Giorgio a casa sua: adesso me la devo cavare da sola. Sì, è vero, arriveranno poi D., il mio punto di riferimento unico e assoluto in fatto di cura ed educazione dei cani, e T., la signora che è già stata da me per il controllo pre affido; arriverà anche Matteo, che mi darà manforte fino a domani mattina. Ma poi?
Il mostriciattolo peloso è ancora intontito dal sonnifero. Ogni tanto guaisce, sembra lamentarsi. Ma ha mangiato, ha bevuto, non dovrebbe aver freddo, anche se oggi è una giornata gelida ed uggiosa di una primavera che quest'anno si è persa per strada. Ha tre mesi e mezzo, povera anima, ed è già stato sbattuto di qua e di là come un pacco... E' di una tenerezza indescrivibile, quelle zampotte sproporzionate, quei polpastrelli che premono contro la grata del trasportino, quegli occhioni neri come il suo pelo...
A casa, con la pioggia ed il cielo grigio che si intonano al mio animo angosciato. E' vero, Pablo l'ho voluto io. Ma adesso? Parcheggio l'auto in cortile, ma non scarico ancora il trasportino. Temo la reazione di Céline e di Skipper. Meglio aspettare che arrivi D., lui sa bene come fare. I due bestioni bianchi però hanno già percepito la nuova presenza; non nascondono una certa agitazione. Nulla in confronto alla mia, quando entro in casa ben sapendo che mia mamma è ancora qui. Non abita con me, ma trascorre le giornate a casa mia; ossessionata dal pericolo dei furti, non si schioda di qui se io sono via. In famiglia siamo un po' estremi in tutto, nel bene e nel male... Non posso negare che a me la sua paura faccia molto comodo, perché in effetti nella ridente cittadina di Carmagnola i furti in casa sono ormai sport nazionale; inoltre, sapendola in compagnia di due mezzi Maremmani ottimi per la guardia, non mi preoccupo neppure più di tanto.
Mamma è ancora qui, dicevo... E la sua accoglienza è glaciale. Io fingo noncurante allegria, ma sono sempre stata una pessima attrice... Ho i nervi a fior di pelle. E ne ho ben donde: in un attimo, il suo silenzio di tomba si trasforma nell'eruzione esplosiva di un vulcano. In men che non si dica, mi vomita addosso una quantità di contumelie che, come lame, si conficcano con mira eccellente al centro del bersaglio: dall'accusa di avere le mani bucate (proprio io che godo di una consolidata fama di tirchiona incallita!) a quella di non preoccuparmi del mio lavoro ma solo di stupidaggini, e via, andare... La mia maschera di allegria si sgretola con tutti i propositi di indifferenza che avevo preparato. So che è mia mamma, so che adora me ed i miei cani e so che già domani si sarà innamorata anche di Pablo... E che a farla reagire così è la preoccupazione per quel che accadrà. Ma so anche che nell'ira, così come nel vino, sta la verità; probabilmente questa è stata per lei l'occasione di sbattermi in faccia ciò che pensa davvero di me, ma che per affetto e senso di protezione non mi avrebbe mai detto in condizioni di quiete. Non è bello scoprire che per tua madre sei una sorta di fallita perdigiorno, anche se in realtà per me non è affatto una sorpresa; sono consapevole da tempo di non godere di grande considerazione, in famiglia. Non ho mai dato prova di grande intraprendenza, non mi sono laureata con il massimo dei voti, non sono coraggiosa, non sono ambiziosa, non faccio faville sul lavoro (soprattutto in senso economico), sono sempre piena di dubbi ed ho paura dei miei simili. Solo un fondo di orgoglio, con la sua vocina tenue, mi fa dire "Ma possibile che alle soglie dei 32 anni io debba ancora preoccuparmi di ciò che altri pensano sia meglio per me?". Domanda ipocrita: potrei mandarli a stendere tutti, se davvero fossi capace di camminare con le mie gambe. Ma non è così.
Bando alla tristezza, qui c'è una piccola vita pelosa da riscattare. Sono arrivati D. e T.: insieme scarichiamo il trasportino e lo portiamo su per le scale, al primo piano, in cucina. Qui è già pronta una tela cerata sul pavimento, più qualche straccio a far da cuscino. Trasferisco lì sopra tutti i giochini che le mamme siciliane hanno voluto lasciargli per compagnia nel viaggio. Si sono tanto preoccupate che il piccolo non soffrisse troppo il distacco... Mi commuovo mentre stringo tra le mani la copertina di pile azzurra. Tutti insieme svestiamo il piccolo e gli togliamo il pannolone. Poi D. chiede di far entrare nella stanza prima Skipper, il maschione di casa. Il nuvolone bianco non è affatto entusiasta: si avvicina al piccolo con diffidenza; non reagisce alle zampate di invito al gioco del piccino; lo annusa per un po', gira attorno al tavolo, si prende un po' di coccole... E, appena può, schizza via. E' la volta di Céline, molto più curiosa; lei sì, studia l'intruso, lo tocca, sembra quasi voler giocare lei stessa. Ed io che avevo tanta paura di una reazione violenta... Skipper è buono come il pane, ma è maschio e temevo aggredisse un altro maschio nel suo territorio; Céline è femmina ma è un terremoto a quattro zampe...
Pablo si trascina sulle zampe anteriori ed esplora l'ambiente, velocissimo, curioso, vivace. L'effetto del sonnifero è davvero passato. Com'è bello con quel suo testone di molosso, il pelo lucido, nero focato... E' enorme per un cucciolo della sua età. Davvero, quanto potrà crescere? E come farò quando sarà grande?
Nel frattempo, è arrivato anche Matteo, apposta da Genova per vedere il nuovo arrivato. D. e T. hanno finito il loro compito, svolto come sempre con immenso entusiasmo: non prima, però, di avermi mostrato come fare per indurre il pargoletto a fare pipì. Già, perché ovviamente, tra le preoccupazioni per un cane paralizzato, c'è anche questa: Pablo non può fare i suoi bisogni da in piedi; tocca provvedere ogni tot ore a farlo sporcare, onde evitare che si trascini nel suo stesso sporco. Senza contare il fatto che, almeno finché la temperatura esterna non sarà più mite, dovrà restare in casa... Sarà molto, molto dura. Ma l'ho voluto io e adesso ce la devo fare.
Quando D. e T. se ne vanno, solo la presenza di Matteo mi salva da una crisi di pianto. La prima notte, tra stracci imbevuti di detersivo e pianti disperati del piccino, sarà dura. E domani, quando in orario d'ufficio arriverà mia sorella - l'ufficio dove lavoriamo insieme è al piano di sotto - sarà ancor più dura. Mi toccherà la seconda razione di contumelie. Pazienza. Me la sono voluta. In più, in casa non ho preannunciato nulla, proprio per evitare di anticipare la valanga di sanpietrini sulla capoccia; ora però è inevitabile...
Quel che conta, adesso, è organizzare la nuova vita. Pablo starà qui in cucina finché il clima non sarà un po' più caldo; il pavimento di marmo è perfettamente levigato e non gli creerà problemi di piaghe. Ogni tanto potrà uscire sul balcone, ovviamente anch'esso da coprire con la cerata perché ha il fondo ruvido. Gli sistemerò vicino le ciotole per la pappa e per l'acqua, perché non abbia difficoltà a spostarsi. Farò in modo di portarlo a sporcare in giardino ogni poche ore, anche se già adesso i suoi quasi venti chili sono un dolce peso da scarrozzare a braccia. Lo sosterrò con un telo o un asciugamano sotto il bacino per aiutarlo a camminare con le zampotte anteriori. Lo porterò da un veterinario che possa fare qualche radiografia, per capire cos'ha e quali speranze di recupero ci siano, ammesso che ce ne siano. Gli comprerò le crocchette per cuccioli: per l'emergenza, c'è il sacco di crocche che Enrica aveva già preparato per lui quando siamo passati a trovarla, di ritorno dall'aeroporto. E, se proprio dovessi trovarmi nella disperazione, alzerò il telefono e chiederò soccorso a D.
Sedersi a tavola con Matteo e mangiare un boccone è una grazia divina, anche per me che sono atea. Questa giornata mi ha demolita, infinitamente più di una corsa in montagna da cento e fischia km. Questo è solo l'inizio. Ben volentieri mi tumulo sotto le coperte, anche se lo strillo imperioso di Pablito mi avverte che non sarà per molto...
sabato 1 giugno 2013
Genesi di un'"adozione del cuore"
Metti un momento della tua esistenza in cui sembra che nulla voglia andare per il verso giusto; metti la delusione di un lavoro che, ormai l'hai capito da tempo, non ci azzecca nulla con te; metti l'amara consapevolezza che stai sprecando le tue giornate, correndo come una biglia impazzita da mane a sera dietro a faccende che, se guardi proprio bene, non hanno alcun senso. Metti anche la difficoltà di avere a che fare con il tuo prossimo, al di fuori e soprattutto dentro casa... Insomma, metti di avere ormai chiaro che la tua esistenza sta perdendo i pezzi. E un video galeotto che ti passa davanti agli occhi su Facebook: un cuccioletto nero, infagottato in un pannolino bianco, che striscia sul pavimeno ed abbaia con gran foga a tutti coloro, umani ed animali, che gli stanno intorno. A corollario, un appello per un'"adozione del cuore".
Son quelle decisioni prese senza pensarci due volte: come il crollo di una diga. Una volta abbattuto il muraglione, non c'è più niente da fare, l'acqua fugge e travolge qualsiasi ostacolo o protezione. Adottare un cane paraplegico significa prendere la propria esistenza e sconvolgerla, legandola a doppio filo a lui. Proprio io che amo così tanto andare in giro a correre e pedalare... Eppure non c'è santo che tenga. Lo devo fare. Non so se mi abbia dato di volta al cervello, ma devo fare qualcosa per questa creatura. Io adoro i cani a dismisura, ne ho già due che vivono con me. Li amo alla follia, ma non è abbastanza quel che faccio per il mondo canino. I miei due avanzi di canile sono belli, in salute, vigorosi. Così è quasi troppo facile. Il cagnolino del video... Ecco: se non lo adotto io, chi mai lo farà? Non è complesso di superiorità, tutt'altro, ci mancherebbe. E' che non sono certo numerose le persone che hanno la possibilità di prendersi cura di una bestiola del genere; tra quelle che potrebbero, poi, quelle che ne hanno anche la voglia si contano sulla punta delle dita. Lo vorrei tanto, un terzo cagnotto con me; per ragioni di convivenza e vicinato, però, non potrei accogliene un terzo con l'irruenza di un cane sano. Ma il piccolo del video...
Da lì a contattare le persone che lo hanno accolto, raccogliendolo dalla strada quando aveva solo un mese, il passo è brevissimo, tempo di un clic. Il piccolo Pablo è a Catania. Sopporterebbe un viaggio così lungo, fino al Nord? In che condizioni è, cos'ha? Come posso andare a prenderlo? Treno, auto, aereo? Giorni e giorni di telefonate, messaggi, progetti fatti e sconvolti. E intanto le reazioni di amici e conoscenti. Ti condiziona la vita. Come potrai accudirlo? Dove lo sistemerai? E' un cane che raggiungerà i cinquanta chili di peso, come farai quando sarà adulto? E le piaghe da decubito? Ed i problemi di circolazione? E le infezioni?A farmi cambiare idea provano proprio tutti, veterinari, amici, conoscenti. Chi non s'azzarda ad esprimere un'opinione, la risolve con un eloquente silenzio. Tutti tranne uno, ma su di lui avrei scommesso mani e piedi: quando lo chiamo, per chiedergli se potrà aiutarmi a "presentare" il piccolo Pablo ai due bestioni di casa senza rischiare la sua già disgraziata vita, D. reagisce all'idea con entusiasmo. Del resto, lui con il genere canino è una sorta di pifferaio magico, in senso buono, anzi buonissimo; vive per i cani e con i cani. E poi c'è Matteo, che forse qualche obiezione l'avrebbe anche sulla punta della lingua, ma tace e mi offre il suo aiuto, con un certo spirito suicida, perché l'accetterò, eccome se l'accetterò!
Non è poi che io sia immune da dubbi, anzi. Ne nutro un esercito. Mi pongo più o meno le stesse domande che gli scettici mi sbattono sul naso: come faccio? Dove lo sistemo? Che necessità avrà? Che prospettive di vita? Sarà ben accolto in casa o sarà sbranato? In famiglia non dico nulla; preferisco evitare commenti sgradevoli. Questo cagnotto non potrà stare in ufficio come gli altri due, quindi a mia sorella non dovrebbe dare troppo fastidio; quanto a mia mamma, so che non impiegherà molto tempo ad innamorarsene, anche se forse il primo impatto sarà traumatico.
Il buon Giorgio, il mio amico veterinario, da professionista fa il possibile per convincermi a rinunciare allo sciagurato progetto, con argomenti di fatto inattaccabili, ma ormai mi conosce bene e sa che farmi cambiare idea, quando ho imboccato una strada, è quasi impossibile. Non sono stata fornita di retromarcia. Preso atto della sconfitta, da amico, si adegua e si offre di accompagnarmi.
La mia incrollabile determinazione vacilla di fronte alla montagna di complicazioni per il viaggio. Non voglio assolutamente chiedere ai volontari che mi portino Pablo fin qui; è fuori discussione. Fanno già i miracoli per arginare la situazione drammatica dei randagi in Sicilia... Le loro risorse, economiche, fisiche e di tempo, devono restare destinate a quello scopo. Vado giù io. Ma come? In auto? Ma dove? A Napoli, a Reggio Calabria, facendo in modo di incontrare laggiù l'attuale mamma adottiva di Pablo per la "consegna"? Costo e tempo da dedicare al viaggio sarebbero proibitivi... E l'aereo? Io non ho mai volato in vita mia... A parte il terrore - il piccolo Pablo mi pare una ragione più che valida per rischiare la pelle nei cieli - c'è il fatto che non so da che parte si cominci per prenotare un volo, men che meno quando c'è di mezzo un bagaglio in stiva... Vivo!!! E' un'odissea tra call center, richieste di aiuto agli amici viaggiatori d'abitudine, compagnie, orari, giorni... Alla fine mi arrendo: resta la carta dell'agenzia viaggi. Volo prenotato, spostato, riprenotato: domenica 24 marzo, decollo da Torino alle ore 9.20 e ridecollo da Catania poco prima delle 14. Giusto il tempo di baciare la terra appena scesa dall'infernale aggeggio volante e fare la conoscenza di Tanya e Maria Vittoria, splendide volontarie di un rifugio a San Pietro Clarenza (CT). La mamma adottiva di Pablo, Filomena, quella che l'ha accolto in casa piccolissimo e malconcio, non ha avuto cuore di esserci e di vederlo partire. Ha tutta la mia comprensione... Doversi separare da una creaturina come Pablo dev'essere straziante. Ma s'ha da fare, altri cagnotti e cagnoni hanno bisogno di lei. Ammiro a dismisura queste persone che combattono ogni giorno in prima linea contro le difficoltà e le malattie di troppe povere bestie. Io non ne avrei cuore, pur con tutta la passione che nutro per il genere canino. Impazzirei, credo. Per adesso, il mio "fare qualcosa" sarà occuparmi di un piccolo sfortunatissimo ma vivacissimo cagnotto nero, che vedo per la prima volta infagottato in una bellissima tutina verde da bambino. Coraggio Pablo. Coraggio anche a me. Si parte!
Son quelle decisioni prese senza pensarci due volte: come il crollo di una diga. Una volta abbattuto il muraglione, non c'è più niente da fare, l'acqua fugge e travolge qualsiasi ostacolo o protezione. Adottare un cane paraplegico significa prendere la propria esistenza e sconvolgerla, legandola a doppio filo a lui. Proprio io che amo così tanto andare in giro a correre e pedalare... Eppure non c'è santo che tenga. Lo devo fare. Non so se mi abbia dato di volta al cervello, ma devo fare qualcosa per questa creatura. Io adoro i cani a dismisura, ne ho già due che vivono con me. Li amo alla follia, ma non è abbastanza quel che faccio per il mondo canino. I miei due avanzi di canile sono belli, in salute, vigorosi. Così è quasi troppo facile. Il cagnolino del video... Ecco: se non lo adotto io, chi mai lo farà? Non è complesso di superiorità, tutt'altro, ci mancherebbe. E' che non sono certo numerose le persone che hanno la possibilità di prendersi cura di una bestiola del genere; tra quelle che potrebbero, poi, quelle che ne hanno anche la voglia si contano sulla punta delle dita. Lo vorrei tanto, un terzo cagnotto con me; per ragioni di convivenza e vicinato, però, non potrei accogliene un terzo con l'irruenza di un cane sano. Ma il piccolo del video...
Da lì a contattare le persone che lo hanno accolto, raccogliendolo dalla strada quando aveva solo un mese, il passo è brevissimo, tempo di un clic. Il piccolo Pablo è a Catania. Sopporterebbe un viaggio così lungo, fino al Nord? In che condizioni è, cos'ha? Come posso andare a prenderlo? Treno, auto, aereo? Giorni e giorni di telefonate, messaggi, progetti fatti e sconvolti. E intanto le reazioni di amici e conoscenti. Ti condiziona la vita. Come potrai accudirlo? Dove lo sistemerai? E' un cane che raggiungerà i cinquanta chili di peso, come farai quando sarà adulto? E le piaghe da decubito? Ed i problemi di circolazione? E le infezioni?A farmi cambiare idea provano proprio tutti, veterinari, amici, conoscenti. Chi non s'azzarda ad esprimere un'opinione, la risolve con un eloquente silenzio. Tutti tranne uno, ma su di lui avrei scommesso mani e piedi: quando lo chiamo, per chiedergli se potrà aiutarmi a "presentare" il piccolo Pablo ai due bestioni di casa senza rischiare la sua già disgraziata vita, D. reagisce all'idea con entusiasmo. Del resto, lui con il genere canino è una sorta di pifferaio magico, in senso buono, anzi buonissimo; vive per i cani e con i cani. E poi c'è Matteo, che forse qualche obiezione l'avrebbe anche sulla punta della lingua, ma tace e mi offre il suo aiuto, con un certo spirito suicida, perché l'accetterò, eccome se l'accetterò!
Non è poi che io sia immune da dubbi, anzi. Ne nutro un esercito. Mi pongo più o meno le stesse domande che gli scettici mi sbattono sul naso: come faccio? Dove lo sistemo? Che necessità avrà? Che prospettive di vita? Sarà ben accolto in casa o sarà sbranato? In famiglia non dico nulla; preferisco evitare commenti sgradevoli. Questo cagnotto non potrà stare in ufficio come gli altri due, quindi a mia sorella non dovrebbe dare troppo fastidio; quanto a mia mamma, so che non impiegherà molto tempo ad innamorarsene, anche se forse il primo impatto sarà traumatico.
Il buon Giorgio, il mio amico veterinario, da professionista fa il possibile per convincermi a rinunciare allo sciagurato progetto, con argomenti di fatto inattaccabili, ma ormai mi conosce bene e sa che farmi cambiare idea, quando ho imboccato una strada, è quasi impossibile. Non sono stata fornita di retromarcia. Preso atto della sconfitta, da amico, si adegua e si offre di accompagnarmi.
La mia incrollabile determinazione vacilla di fronte alla montagna di complicazioni per il viaggio. Non voglio assolutamente chiedere ai volontari che mi portino Pablo fin qui; è fuori discussione. Fanno già i miracoli per arginare la situazione drammatica dei randagi in Sicilia... Le loro risorse, economiche, fisiche e di tempo, devono restare destinate a quello scopo. Vado giù io. Ma come? In auto? Ma dove? A Napoli, a Reggio Calabria, facendo in modo di incontrare laggiù l'attuale mamma adottiva di Pablo per la "consegna"? Costo e tempo da dedicare al viaggio sarebbero proibitivi... E l'aereo? Io non ho mai volato in vita mia... A parte il terrore - il piccolo Pablo mi pare una ragione più che valida per rischiare la pelle nei cieli - c'è il fatto che non so da che parte si cominci per prenotare un volo, men che meno quando c'è di mezzo un bagaglio in stiva... Vivo!!! E' un'odissea tra call center, richieste di aiuto agli amici viaggiatori d'abitudine, compagnie, orari, giorni... Alla fine mi arrendo: resta la carta dell'agenzia viaggi. Volo prenotato, spostato, riprenotato: domenica 24 marzo, decollo da Torino alle ore 9.20 e ridecollo da Catania poco prima delle 14. Giusto il tempo di baciare la terra appena scesa dall'infernale aggeggio volante e fare la conoscenza di Tanya e Maria Vittoria, splendide volontarie di un rifugio a San Pietro Clarenza (CT). La mamma adottiva di Pablo, Filomena, quella che l'ha accolto in casa piccolissimo e malconcio, non ha avuto cuore di esserci e di vederlo partire. Ha tutta la mia comprensione... Doversi separare da una creaturina come Pablo dev'essere straziante. Ma s'ha da fare, altri cagnotti e cagnoni hanno bisogno di lei. Ammiro a dismisura queste persone che combattono ogni giorno in prima linea contro le difficoltà e le malattie di troppe povere bestie. Io non ne avrei cuore, pur con tutta la passione che nutro per il genere canino. Impazzirei, credo. Per adesso, il mio "fare qualcosa" sarà occuparmi di un piccolo sfortunatissimo ma vivacissimo cagnotto nero, che vedo per la prima volta infagottato in una bellissima tutina verde da bambino. Coraggio Pablo. Coraggio anche a me. Si parte!
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