Con un cane come Pablo, la vita non è più la stessa. Osservazione banale, eppure fondamentale. Lo sapevo già, un po' perché ci ho pensato molto io stessa, un po' perché tutte le persone a cui ho parlato dell'idea di adottare il piccolo mi hanno rovesciato addosso una caterva di "ma", di "però", di sospiri rassegnati e di ampi scuotimenti di testa.
Pablo è ancora piccolo, non è abituato al clima piemontese; ha vissuto fino a ieri in una regione ben più calda. Come se non bastasse, quest'anno la primavera tarda a far capolino. Morale della favola, non posso certo sistemarlo fuori. Per fortuna, il pavimento di marmo della cucina è liscio e levigatissimo: perfetto perché Pablito ci si possa trascinare senza procurarsi lesioni. Sistemo una cerata, qualche straccio, la pallina di gomma, la corda con i nodi e tutti gli altri giocattoli, più una ciotola d'acqua.
Si tratta, adesso, di affrontare il capitolo più spinoso, anzi direi, in questo caso, più odoroso. Come devo regolarmi con i suoi bisogni? Quando, ogni quanto? D. mi ha dato qualche suggerimento: sporcherà subito dopo aver mangiato; per fargli far pipì, mi conviene comprimergli la vescica in modo da svuotarla tutta in una volta. Già: l'aspetto forse più penoso della condizione di Pablo è il fatto di non avere il controllo dei visceri. Inutile dire che i primi giorni trascorrono con la bacinella di acqua e lisoformio, lo straccio e lo spazzolone sempre all'opera; provvedo a prendere Pablo in braccio ed a portarlo a spasso in giardino ogni tre ore circa, ma tocca investire un po' di tempo, tanto lavoro di strofinaccio e qualche crisi di amarissimo sconforto, prima di trovare una forma di regolarità. Calma, calma, calma: se Pablo sporca, non è colpa sua; se gira dappertutto in cucina, nemmeno, è un cucciolo, non un pupazzo. Non è colpa sua se piange, non è abituato a stare solo; non è colpa sua se attenta all'integrità della parte bassa di ogni componente di arredo... Mettiamo sul tavolo una bella tovaglia lunga fino a terra e speriamo che nessuno se ne accorga.
Su e giù per le due rampe scale, con in braccio un fagottone già per nulla leggero e per giunta molto agitato; ne guadagneranno il tono dei bicipiti e la linea in generale. Porto Pablo a spasso reggendogli il posteriore con una vecchia sciarpa passata sotto l'inguine; buona soluzione, ma come ogni soluzione porta con sé altri problemi. Le zampe posteriori, distese, molli, rischiano di strisciare per terra e di ferirsi. Le mamme siciliane hanno previsto anche questo e mi hanno lasciato due "scarpine" di gomma; per ora sono perfette, ma non hanno l'aria di essere molto robuste. Quindi, nella lista delle cose da fare: acquisto scarpine per cani. Ammesso che esistano, ma mi documenterò.
La ricerca della vescica è una vera caccia al tesoro: anche qui, mi ci vuole qualche giorno per imparare a sentire la "pallina da tennis" di cui mi ha parlato D., quella da svuotare per conquistare tre ore di pace fino al prossimo tour. Molti sarebbero schifati al solo pensiero: beh, questione di gusti... A me non crea alcun problema la necessità di "gestire" i bisogni fisiologici canini, mentre devo fare a pugni con il più profondo disgusto se mi tocca affrontare la stessa materia ma di origine umana. Ci sono stati momenti, in passato, in cui è stato inevitabile, ma ho fatto una gran fatica, anche se si è sempre trattato di persone di famiglia.
Un paio di settimane di esperienza mi portano alle prime conclusioni: Pablo va portato a spasso ed aiutato a sporcare ogni tre ore circa. Giorno e notte, ovviamente. Caldo e freddo, sereno e vento e pioggia, ovviamente. Per pulirgli il pelo, carta scottex con lo shampoo a secco per cani; ogni tre o quattro giorni, un bel passaggio nella vasca di casa, con suo gran disappunto ma con vivo sollievo per le mie narici. Per mantenerlo asciutto, borotalco sul pancino; per evitare piaghe, crema all'ossido di zinco. Il suo ambiente, alias la mia cucina, deve essere ripulita quasi ogni giorno, un po' per gli "errori di sincronizzazione" tra le uscite in giardino e le sue effettive necessità, un po' perché le sue zampone portano su tutto quel che raccolgono durante la passeggiata. Pappa tre volte al giorno con piccole dosi di crocchette per cuccioli; in più, integratori di vitamine e di sostanze che dovrebbero, in teoria, avere una qualche benefica azione sui legamenti. Io mi trasferisco a dormire stabilmente sul divano, per avere il mostriciattolo sempre sotto controllo. Insomma, un vero e proprio lavoro... E di notte, quando mi sveglio e guardo giù, lo vedo arrotolato su se stesso, immobile, tenerissimo col musetto nascosto sotto una zampotta, il respiro lento e regolare. Vorrei allungargli una carezza; evito di farlo, solo per non risvegliare il piccolo terremoto... Le prime settimane hanno l'effetto di un tornado sulla mia casa e di una raffica di mazzuolate in faccia sulla sottoscritta; addio sonno, addio a quella parvenza di pulizia che già non è mai stata caratteristica di spicco tra le mie quattro mura, addio alla libertà di stare via per giorni interi ma anche solo per mezza giornata, addio alla poca capacità di concentrazione di cui ho ricevuto elemosina alla mia nascita. Tregua armata con Skipper e Céline, che per protesta restano a dormire al piano di sotto, in ufficio. E un perenne sorriso, un po' ebete e molto stanco, per coprire tutto questo, come il tappeto copre il mucchietto di polvere. Non lo ammetterò mai, che rischio di non farcela; non ho altra scelta, se non quella di essere proprio sicura che, presto, andrà meglio. Passato il periodo di acclimatamento, Pablo finirà sul tavolaccio di un bravo dottore che mi possa dire se c'è qualche speranza oppure no. La so già, la risposta, purtroppo, e non credo nei miracoli; non occorre un luminare per sentenziare che il piccolo non camminerà mai; basta guardare le sue zampe posteriori, inerti, molli, senza vita. Voglio solo avere la certezza di aver tentato tutto il possibile.
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