domenica 29 dicembre 2013

A spasso con Céline



Eccoci qui... Oggi pomeriggio hai fatto la parte del leone, cara Céline... Adesso ti tocca quella della larva! Sul mio piede, per giunta. Accasciata sotto la mia scrivania, rigor mortis, me l'hai intrappolato: confesso che si trova bene, lui, al calduccio sotto il tuo testone... Ma io così non posso più muovermi!

Bella la vita della figlia unica, sia pure solo per qualche ora. Pablito all'una fila a nanna, via il carrellino e giù a cuccia; Skipper, alias Tittone, è per qualche giorno in "permesso premio" da Stefania a Saluzzo e si disintossica dalla tua molestissima presenza... Per te, oggi, passeggiata! Cerco di arginare la tua incontenibile gioia per infilare il moschettone del guinzaglio nella tua pettorina; controllo almeno due volte la chiusura, perché con un satanasso come te non si può mai star tranquilli. Ti fiondi nel bagagliaio dell'auto, giusto per darmi il contentino: non ho ancora acceso il motore che sei già sul sedile posteriore, almeno per metà... E mia mamma che si gira per fotografarti con il telefonino. Ma come! Fila dietro, al tuo posto, altro che foto! Lo credo, che poi sei sempre più anarchica e disubbidiente... I tuoi umani ti danno indicazioni controverse!
Per favore, dai, torna nel bagagliaio... Ho comprato la Zafira apposta perché tu potessi starci comoda! Guarda che, se ci fermano i Carabinieri, la multa per il viaggio in queste condizioni la paghi tu... Ammesso che non ci sequestrino l'auto e non ci schiaffino tutti, anzi tutte, in galera!

Destinazione, la pista ciclabile a Vigone, la ex ferrovia. Oggi, complici la domenica, le feste natalizie e la giornata splendida, c'è un gran viavai di pedoni e ciclisti. Così, tra corse a perdifiato con me attaccata al guinzaglio in stile missile terra-aria, cauti incontri e liti furibonde con altri cagnotti a spasso, accurato annusamento di ogni centimetro quadrato di asfalto e sconfinamenti nei campi a lato della strada, sempre entro la lunghezza del guinzaglio... Eccoci al fontanile. Guarda quant'acqua sgorga dalle risorgive... E com'è limpida! Scommetto che è ottima da bere... Ehm... Avevo detto da bere!!! Sì, probabilmente è ottima anche per farci il bagno, ma Céline, mannaggia, fa un freddo boia... Esci di lì, per carità!

Ecco. Grazie per avermi fatto la doccia. E grazie per aver scambiato il mio giaccone per un asciugamano per le tue zampine sante. Sei proprio un cane dei peggiori sobborghi del canile. Eh sì, inutile che mi guardi così. Lo sai benissimo, che tu puoi tutto, perché sei la mia preferita. Sei un'adorabile ruffianona, sei il mio equivalente fatta cane... Credimi, io sarei proprio come te, se non avessi i mille vincoli materiali e mentali della mia pur agevolatissima condizione di vita.

Cinque o sei chilometri di passeggiata, non di più: ma percorsi a strappi, a scatti, con i tuoi abbai striduli che mi trapanano i timpani... Ogni pochi passi ti giri, mi guardi negli occhi. Se poi ti fermi pure, significa che ne stai studiando una delle tue. Devo prepararmi all'assalto... Molti ti dicono che sei un bel cane. Ma questo lo so già, sei una cagnotta meravigliosa. Anzi, ferma qui, che mamma (mia), alias zia (tua), ci fa una foto. Lo so, le relazioni di parentela qui sono un po' intricate, ma non è il caso di farsi troppe domande, le cose stanno così e basta! Un viandante mi chiede se tu sia un "can da feje", un cane da pecore. Beh, in effetti sei un incrocio di maremmano, però secondo me tu le pecore le sparpaglieresti per tutta la montagna... Meglio di no. Sei un cane da lettone & divano.

Altro bagno nel fontanile sulla via del ritorno... Non è possibile, tu devi avere qualche problema di termoregolazione. Ed io, adesso, ho il problema di un'altra doccia ancora. E basta Céline... Dai, adesso si torna a casa, prima che il gelo ti irrigidisca qua. Lo so, tu non temi nulla, sei una roccia, ma adesso torniamo in auto...  Lascia perdere gli occhi languidi, non attacca. Via, nel bagagliaio. Nel bagagliaio, ho detto!

Carrellino ai box

Bravissimo Pablo, ormai siamo un'ottima squadra. Stavolta siamo stati perfetti in tutto. Il trasferimento da cuccia a carrellino non ha più segreti. Pure nella versione ad ostacoli, con tre scalini da scendere e la molestissima azione di disturbo di Céline che ci salta attorno come una pallina da ping pong: un minuto e dieci secondi netti. Potremmo brevettarla, la procedura standard. Punto uno, infilarti le zampotte posteriori negli anelli sospensori mentre tu ti contorci come un'anguilla e cerchi di azzannarmi le falangi. Punto due, sollevare, tenendoti per gli anzidetti anelli, i tuoi onerosissimi trenta chili agitati, usando le falangi superstiti dopo il punto uno. Punto tre: mollarti una ginocchiata nel fianco con la rotula destra per metterti in direzione della porta ed accompagnare il gesto con l'urlo di battaglia "Fuori Pablo... FUORIIIII!". Punto quattro: bestemmiare in aramaico antico perché tu per la porta ci sei passato tranquillo, mentre io mi ci sono sfasciata la predetta rotula. Punto cinque, sollevare ancor più in alto il tuo retrotreno e far calare gli anelli sugli appositi supporti ai lati del carrellino, già messo in posizione. Punto sei: ribestemmiare per indurre i due gancetti delle sbarre laterali ad aprirsi, possibilmente senza poi richiudersi a tradimento su un'unghia. Punto sette: sistemare le sbarre laterali. Punto otto: sistemare le zampe posteriori nell'apposita sede sul retro del carrellino, con manovra fulminea per evitare la pisciatona sulle dita. Punto nove: tribestemmiare perché, nove volte su dieci, la pisciatona ha avuto un'ottima mira. Punto dieci: accasciarsi sulla sedia in preda ad una violenta tachicardia, mentre tu sei già sparito ad abbaiare a chissà cosa. Corollario: lavarsi accuratamente le mani, come fanno i chirurghi, dito per dito e su fino ai gomiti... I meccanici Ferrari ci fanno un baffo. Tra l'altro, sarebbe il caso di proporre alla suddetta Ferrari la nostra candidatura, caro il mio bestione, perché, date le prospettive, sarà presto il caso che io cerchi un altro lavoro!

giovedì 19 dicembre 2013

Pablo ed il cappottino


Beh, che avete da guardare, voi, lì fuori? Che c'è da ridere? Potete ringraziare le sbarre di metallo, perché altrimenti vi sareste già ritrovati i miei canini nei polpacci. Solo lì, non più in alto, perché per ora sono stato dotato di ruote... Ho chiesto il modello di carrellino con le molle, ma per quello devo pazientare ancora un po'. Beh, devo ammettere che non avete tutti i torti, a sghignazzare; in effetti, sono parecchio ridicolo, conciato così. Tutta colpa di quella bipede squilibrata che all'anagrafe canina risulta, mio malgrado, la mia custode. Pare che l'istituzione del divorzio canino non abbia ancora trovato accoglienza nella legislazione, perché altrimenti l'avrei chiesto, oh, l'avrei chiesto eccome...
Oltre ad essere del tutto sconclusionata, quella lì non ha il minimo senso estetico. Eleganza, stile, niente, lo zero assoluto. Basta guardarla; se ne va in giro trasandata come uno spaventapasseri abbandonato per anni alle intemperie in mezzo all'orto. Mi stupisco che riesca ad azzeccare l'ordine dei vestiti, che non abbia mai infilato il piede sinistro nella scarpa destra o la mutanda sopra i jeans... Sono affari suoi? Beh, sì, sarebbero affari suoi; il guaio è che sono anche affari miei! Dice che vuole evitare che io patisca il freddo: così, mi costringe ad indossare spessi golf di lana, tutti blu scuro. Vi pare che il blu scuro si intoni con mio mantello nero focato? E' un accostamento intollerabile! E che taglio demodé... A tutti i golf, poi, ha tolto i bottoni: antipatica, io li avrei masticati proprio volentieri, uno dopo l'altro! Io provo, ogni mattina, a ribellarmi a questo sopruso: quando la vedo che si avvicina con il golf, cerco di scappare. Ma quella corre troppo... Allora provo a mordere, ma quella fanatica mi minaccia: "Guarda che ti taglio i viveri", sbotta. Non so esattamente cosa significhi, ma mi dà l'impressione di qualcosa niente affatto positivo... E allora cedo e mi ritrovo calzato e vestito, con la mia dignità di molosso calpestata sotto due zampe e due ruote.

Quando piove, poi, quella dà il meglio di se stessa... Lei esce con il poncho e rientra, di solito, fradicia da testa a piedi, i capelli grondanti, gli occhiali ormai inutili alla loro funzione. Ed io sono costretto a girare per il giardino con il capoccione infilato in un sacco della spazzatura che mi copre tutto il tronco. L'impermeabile, lo chiama lei. Un sacco nero... Non si potrebbe almeno cambiar colore? Che so, un arlecchino, una fantasia scozzese, oppure un gessato che fa tanto stile. A quanto pare, chiedo troppo. E stasera, culmine della iattura, nevica. Freddo, umido, fastidiosi fiocchi che mi si depositano sul tartufo e mi fanno il solletico. Scivolo dappertutto... E' una vergogna, nessuno ha pensato a dotarmi di ruote termiche né di sistema ABS. E' così che da queste parti si vuol bene a noi cagnotti?

Qualcuno dovrebbe spiegare alla fanatica che sì, è vero, fa freddo ed io ho il pelo corto, ma che tutto ciò è eccessivo. Però, a pensarci bene, non so se mi conviene. In effetti, il programma di adattamento invernale che la bipede ha pensato per me prevede anche un congruo aumento della razione di pappatoria, nonché dei succulenti extra, tipo pelli di pollo e parti più grasse e goduriose di carne e salumi... Questi strappi alla regola non toccano ai miei due fratelloni bianchi: del resto, loro hanno già il privilegio di vivere in casa... Io no, quindi ho diritto ad un equo indennizzo! A loro le parti di carne più magre, a me la ciccia. Sostiene, la squilibrata, che per difendermi meglio dal freddo io abbia bisogno di calorie. E chi sono io per contraddirla?

giovedì 12 dicembre 2013

12/12/2013: un anno di Pablo

Oggi è il 12 dicembre, Pablissimo. Tu non lo sai, ma oggi è il tuo primo compleanno. Ufficiale, beh, sì, di preciso non si sa quale sia la tua data di nascita, ma non importa, conta il pensiero. Cosa significa, il tuo primo compleanno? Beh, capoccione, è molto semplice. Significa che, malgrado l'abbandono, malgrado la paralisi, malgrado le piaghe, le mosche carnarie, il ricovero in clinica, le medicine, le zampe gonfie, malgrado tutto, ti sei già messo in saccoccia trecentosessantacinque giorni di vita. Degni di essere vissuti, spero, nonostante tutto. Niente male come traguardo, per uno che, secondo il comune senso di "pietà", in altre circostanze ed in mano ad altre persone, avrebbe avuto un biglietto di sola andata per l'altro mondo. Non credi? Con tutti i tuoi guai, Pablo, sei un sopravvissuto; ogni giorno che passa, sei un sopravvissuto. Non sarà simpatica, come constatazione, ma tant'è. E sei anche un bel vitellino, grosso e pesante. Tieni duro, Pablo... Cento di questi giorni, sempre con le ruote! Buon compleanno Pablo!

mercoledì 11 dicembre 2013

Inverno

Me l'aspettavo, Pablito, che l'inverno sarebbe stato difficile per te. Ci avevo già pensato prima ancora di chiedere alle tue mamme siciliane il permesso di averti con me. Però, da inguaribile ottimista, ho accantonato il problema: "Lo affronteremo a tempo debito", mi dicevo. Il tempo debito è giunto... Ed io mi rendo conto adesso, sbattendoci il naso, che non sono affatto preparata a risolverlo. Quest'anno, il gelo è arrivato prima del solito a tenerci compagnia, da queste parti. Ghiaccio e giornate in cui la nebbia si dirada solo per poche ore, o addirittura non se ne va affatto. Certo, di notte ti ricovero in casa, appena oltre l'ingresso, ai piedi della scala; non è che ci faccia caldo, ci sono poco più di dieci gradi, ma per te va benissimo così. Ma durante il giorno... Devo per forza lasciarti all'aperto. Primo, perché col carrellino in casa non potresti muoverti. Secondo, perché igienicamente sarebbe un disastro. Terzo, perché al piano terra c'è l'ufficio, mentre per arrivare su in casa ci sono due rampe di scale che per me, con il tuo peso, sono più ostiche della parete nord dell'Eiger in invernale. Quarto, perché mia sorella, nonché tua zia, Stefania, ci polverizzerebbe entrambi. E poi ci sono di certo un quarto, un quinto, un sesto motivo, anche se al momento non mi vengono in mente... Vero, ti ho procurato i cappottini: tre o quattro vecchi golf di lana, belli spessi, sacrificati per la tua causa - e ci fai anche la tua porca figura. Ma per me vederti così, al freddo e al gelo, è un'angoscia continua. Lo so, lo so, me lo dicono anche i tuoi dottori: non sei un cane che patisce il freddo; hai un pelo folto, sei robusto... Ma la mia coscienza si ribella all'idea che un cane, d'inverno, non possa godersi il giaciglio "suo" di diritto, cioè il lettone.
Mi preoccupi per il freddo, mi preoccupi per le zampe gonfie e per le piaghe, mi preoccupi perché sei uno zozzone ed io non posso pulirti come si deve, come facevo l'estate scorsa con la pompa per l'irrigazione del giardino. Sei una fonte inesauribile di preoccupazioni, oltre che di rifiuto organico. Se almeno potessi evitare di farmi sentire in colpa, guardandomi con quell'aria schifata dopo aver provato a bere nella ciotola ghiacciata... Tanto lo sai, che esco a svuotarla e ci rimetto acqua più volte al giorno! Di sete non dovresti morire. Se poi potessi anche evitare di depositare fetentissimi residui proprio nei punti di passaggio... Almeno, non in quei momenti in cui sai che passerà Stefania, perché davvero, credimi, rischiamo la decapitazione, entrambi. Non è il caso di provare a dirle che poggiarci un piede sopra porta fortuna: non apprezza l'ironia, non fino a questo punto.
Speriamo che l'inverno passi presto. Non ci resta che tifare per il surriscaldamento del globo. Nel frattempo, per scaldarci un po', possiamo giocare con la bottiglia di plastica. Dal momento che, incredibile dictu, capoccione ottuso che non sei altro, hai finalmente imparato qual è l'oggetto che si abbina al termine "bottiglia". Facciamo un po' di sano crepitante casino con la bottiglia schiacciata: come sempre, per la gioia dei vicini di casa!

sabato 30 novembre 2013

La famiglia

Pablo è il più piccolo ed il più sfortunato. Di conseguenza, il più viziato, fin dai primi giorni in cui è atterrato, è proprio il caso di dirlo, a casa mia. Ma non è figlioletto unico. I suoi due fratelloni, i "Tittoni", alias Céline e Skipper, reclamano la giusta dose di attenzioni, ciascuno a suo modo. Skipper, il "Tittone", è il maggiore: piombato tra le mie braccia il 31 dicembre del 2006, un batuffolino di pelo bianco di due mesi e poco più di due chili con le orecchie malamente mozzate, è stato per poco più di quattro anni figlio unico ed amatissimo, con dominio assoluto del divano e del lettone. La sua pace è finita a marzo del 2011, quando a casa è piombata Céline, la "Tittona", sei mesi, magrissima e di un'esuberanza incontenibile. E' stata timida e spaesata solo per pochi giorni... Dopodiché ha assunto stabilmente il ruolo di "maschio Alfa" di casa. E lui, povero Tittone a cui io speravo di poter dare un po' di compagnia, ben presto si è tramutato in un cagnone triste, remissivo, geloso... E ciccione. Proprio vero che anche i cani, come gli umani, hanno caratteri ed atteggiamenti molto diversi. Oggi il Tittone è un cane maturo di quaranta chilli, ha da poco compiuto i sette anni; ama la quiete, si ritira volentieri tutto solo a dormire in una stanza buia; è molto affettuoso ed affezionato ai suoi umani, ma mai insistente. Le sue strategie di persuasione sono la "testa pesante" e lo sguardo fisso inquisitore... Del resto, ha degli occhi così belli, di un intenso colore quasi giallo, che è impossibile ignorarlo. Céline invece è una cagnona di tre anni, esuberantissima e maleducatissima: per me, anche se da mamma non dovrei dirlo, è la preferita... Lei è così, spontanea, istintiva. Quando le apro la porta al mattino, perché esca a fare un giro in giardino, lei parte a razzo e galoppa per diversi giri intorno alla casa prima di fermarsi. Se mi siedo, mi si tuffa in braccio con tutta la sua mole. Quando mi metto a nanna, mi salta con le zampe sul torace e mi soffoca a suon di leccate. Quando mi vede rientrare a casa, quasi mi butta a terra mettendomi le zampe sulle spalle, anche se sono stata fuori per pochi minuti. Ed io fatico a scansarla ed a dedicare qualche coccola anche al Tittone, che si è avvicinato ma resta in timida ed educata attesa... Céline è una furia; non si offende se la sgrido, anzi: mette su uno sguardo di disperata contrizione e, due secondi dopo, me la ritrovo in braccio, nonostante i suoi trenta chili... E' una pallina da flipper impazzita, è gioia di vivere fatta cane. Eppure sa essere anche dolcissima; cerca le coccole, il contatto umano. Ed adora dormire sui miei piedi.
Pablo è ancora cucciolone: per ora, quel che si può dire di certo è che è un testone disubbidiente, ma anche tanto affettuoso ed affezionato. Ha uno sguardo spesso dolcissimo, di un esserino che cerca protezione, a dispetto del suo muso possente da molosso. Ed ha una fiducia sconfinata nel suo prossimo, canino o umano. Il suo vocione, potente e profondo, fa pensare che dietro alla porta di casa si nasconda una belva enorme e feroce: in realtà, non è esattamente così...

Pablo scopre la neve

Eh lo so, Pablo. E' inutile che mi guardi così, con quell'aria di disapprovazione e rimprovero. Questa è la neve, baby. Siamo in Piemonte, in particolare in quell'orrida cittadina che risponde al nome di Carmagnola: qui, d'inverno, nevica. Non proprio tutti gli inverni, ma quasi. Evidentemente sei fortunato: quest'anno i fiocchi sono arrivati anche prima del solito. Ma tu, con quel bel pelo spesso che ti ritrovi, non te ne accorgi nemmeno... I fiocchi si fermano molto prima di arrivare alla tua pellaccia! E vogliamo parlare del magnifico cappottino che indossi? Golf di lana, mica bruscolini... Quello, per la cronaca, era mio! L'ho sacrificato per te! Ho persino accorciato le maniche. Quindi, evita per favore di assumere quell'aria da cane bastonato. Per il carrellino non ti devi preoccupare: è in alluminio, non arrugginisce. Per il freddo, beh... Mi dispiace, ti ci dovrai abituare. So che a Catania come clima si stava certo meglio; quasi quasi sarebbe il caso di tornare giù tutti e due, almeno per l'inverno. Ma tu, malconcio come sei, non è il caso che ti metta in viaggio adesso. Anzi, a proposito, vieni un po' qui che controlliamo le piaghe. Sei un bel disastro.. E dai, leva quel naso, lasciami almeno vedere! Possibile che tutte le volte noi si debba ingaggiare un corpo a corpo? Smettila, tanto lo sai che vinco io! Le mie zampe funzionano tutte e quattro... Un piede a terra per sostenermi, un altro sul tuo muso per tenerti fermo, le mani a ravanare sulle tue zampacce posteriori. Ogni volta spero di trovare un cenno di miglioramento, ma poi le vedo sempre lì... Fino a poco tempo fa era una piaga sola. Adesso son due, a poca distanza l'una dall'altra. E non hanno affatto intenzione di guarire. Ora che sul carrellino ti metto solo più  il sospensore sottopancia e non gli anelli per le zampe; forse le ferite sanguinano un po' meno, ma non sembrano volersi rimarginare. Sì Pablo, lo so che tu non capisci. Per fortuna non senti dolore. Nemmeno sai che hai una ferita, che rischi un'infezione o peggio, con quella zampotta gonfia. Meglio così. Ecco, adesso sei libero. Fatti coccolare un po' il testone... E smettila di leccare il disinfettante!


martedì 12 novembre 2013

Diamo una zampa ad un'amica!

Un appello per un'amica di Pablito, una sua compagna di sventura... E adesso anche di ruote!!!


Dal Canile ENPA di Novara - Monilkk è una cagnolina disabile, un Angelo pieno d'amore che nonostante la sua disabilità sa gioire delle piccole cose, dei piccoli incontri nei quali la sua Claudia la va a trovare in canile. Non ci sono parole per descrivere Monikk, Claudia se n'è innamorata ma non può portarla a casa con se... però vorrebbe con tutto il cuore toglierla dal canile, per farle provare l'affetto e l'amore di una famiglia ...e perchè altri possano provare il grande amore che solo Monikk sa dare.
Monikk è completamente au
tosufficiente grazie anche al nuovo carrellino creato dai Carrellini del Mago".
Monikk si affida in zona Novara e limitrofe, previ controlli preaffido e compilazione questionario, con disponibilità anche per i successivi controlli postaffido.

ALBUM DI MONIKK SU FACEBOOK

Capoccione vuoto

Pablo è un cagnotto pieno di buone qualità: è dolce, è vivace, è coccolone, è affettuoso, è bellissimo, è tenerone... Chi più ne ha, più ne metta. Però, però, una cosa è sicura: il piccolo non brilla per furbizia. Per dirla tutta, è proprio un capoccione tontolone e testardo. Che volete farci, nessuno è perfetto. Qualche mattina fa, per un attimo questa mia certezza ha vacillato: l'ho visto venire verso di me, fermarsi un momento in corrispondenza di una "strettoia" tra l'auto parcheggiata e la sedia da giardino, voltarsi indietro prima a destra e poi a sinistra come per controllare il passaggio delle ruote del carrellino... E partire, superando la strettoia, giusto giusto senza sbattere da nessuna parte. Lo ammetto, sono rimasta sconcertata: incredibile... Che Pablo abbia imparato a muoversi tenendo conto del corpo estraneo su cui poggia il suo corpaccione? Che abbia elaborato un pensiero così complesso? In tal caso, mi faccio immediatamente dare lezioni di parcheggio...
Poco dopo, gli ho portato la ciotola della colazione, colma di crocchette. E' arrivato al trotto, tenendo in bocca la bambolina rossa e gialla che gli ha donato la "mamma" di Catania, Filomena. Quella è sempre rimasta la sua bambolina preferita... Anche se ormai Pablo, a furia di dimostrarle con i denti il proprio affetto, l'ha quasi disintegrata. Con tutti i posti in cui avrebbe potuto temporaneamente posare la bambolina, dove ha scelto di metterla? Nella ciotola. E poi s'è innervosito ed ha preso a ringhiare perché così non riusciva più a raggiungere le crocche. "Ok Gian", mi sono detta, "tranquilla, è tutto ok. E' rimasto il grosso bavosissimo imbecillone di sempre...".

E poi quel vizio... Ce l'hanno più o meno tutti i cani, maschi e femmine, il vizio di piantarti il naso là dove non batte il sole. Noi identifichiamo le persone con le impronte digitali; evidentemente loro memorizzano gli afrori dei walter e delle jolande, per dirla con Luciana Littizzetto. Pablo ci mette un impegno ed una costanza particolari, anche se la specie umana in teoria non gli compete. E questa sua abitudine, di norma imbarazzante, ha anche un risvolto positivo. Quando è ora di mettere Pablo a nanna, un rito che include una sequenza di manovre per pulirgli il pelo, disinfettargli qualche piccola ferita, sistemargli la pettorina o il cappottino, nonché un fiero combattimento contro le sue manifestazioni di travolgente affetto... Per vincere la sua incontenibile esuberanza, basta permettergli di piantare, appunto, il naso in luogo incongruo. Come tutti i maschi che si rispettino, a quel punto lui non è più connesso con il mondo: potresti amputargli a vivo anche le due zampe sensibili; non batterebbe ciglio. Insomma: un po' scomoda, come tecnica... Ma efficace!

mercoledì 6 novembre 2013

Una vasca in centro

"Nonostante tutto, però, è proprio bello, si vede, ha l'aspetto di un cane sano!"

"...ha una vitalità incredibile, guarda con che forza tira il guinzaglio..."

"Ha voglia di giocare lui, bambolotto! Vorrebbe le coccole da tutti..."

Bagno di folla questa sera per il buon Pablito: ormai la "vasca" serale in centro a Carmagnola è quasi un'abitudine. Pablito lo sa già; quando si accorge che ho preso il guinzaglio, si agita tutto e quasi quasi vorrebbe saltare, a serio rischio di ribaltamento. Tutti gli angoli sono suoi: il tartufo è impegnatissimo a catalogare un sacco di odori... Stasera, poi, complice l'insolita temperatura piacevole a novembre, qualcun altro a passeggio c'era. Qualche cane e umano già noti, qualche nuova conoscenza; chiacchiere dei padroni presto interrotte e sovrastate dal latrato delle belve. Nella via centrale, le voci rimbombano a dismisura, sembra d'essere in platea per il Concerto di Capodanno canino!
Potrei quasi registrare il racconto della storia di Pablo, così risparmierei il fiato ogni volta che qualcuno, dopo essersi più volte stropicciato gli occhi per la sorpresa, trova il coraggio di avvicinarsi e chiedere ragione del carrellino. Ma in fondo è troppo bello narrare ogni volta tutto dall'inizio, con sottofondo di uggiolii del piccolo mostro che reclama attenzione. A Tanya, a Filomena, ad Alessandro di "Carrellini del Mago" fischieranno spesso le orecchie, immagino. L'avventura di Pablo è cominciata male, ma è un romanzo a lieto fine; anzi, a lieta continuazione, perché la fine, per adesso, è ben lontana. E' bello raccontarlo, perché la gente quasi non ci crede... Qualcuno ci pensa un attimo e risponde, stupito: "Eppure è un cane felice!". E non ha idea di quanto queste parole rendano felice me!

giovedì 31 ottobre 2013

Carrellini in fuga!

Mai credere di aver già visto tutto, nella vita. Proprio vero. Perché poi capita che, un'uggiosa mattina di ottobre, tu debba uscire di casa per andare in palestra. Cielo plumbeo, foglie ingiallite di tiglio a terra, marce di pioggia. Ti avvii al cancelletto a passo svelto, inseguita dal tuo "piccolo" Pablo, che di piccolo non ha più nulla; gli fai due pacche sul testone; togli di tasca un fazzoletto di carta per ripulirti la mano dalla colata di bava che è il veicolo del suo entusiasmo. Ti scusi con lui perché sei sempre in giro e passi troppo poco tempo in sua compagnia; incroci i suoi occhioni neri e neanche immagini quale torbido pensiero si celi dentro quel cranio tondo e nero...
Capita che tua madre sia proprio lì accanto al cancelletto e te lo tenga aperto mentre tu, con il borsone da palestra ben assestato a tracolla, sali in sella alla vecchia bici da passeggio ed esci sotto il viale. Capita che, subito, tu metta un piede a terra per sistemare meglio il borsone... E che, come un fulmine, tu ti veda sorpassata a velocità folle dal tuo cane. Il tuo cane paralitico, che è stato più veloce di tua madre, s'è infilato nello spiraglio del cancelletto con tutto il suo ambaradan di carrello d'alluminio e corre via come una biglia impazzita. Allora sì che tornano utili il cuore d'atleta e l'allenamento sopra soglia... Con scatto felino, salti letteralmente via dalla bici, che si abbatte rumorosamente a terra, e ti lanci all'inseguimento della belva: "Pablooooo! Pablo fermatiiiiiii!!!", e intanto misuri con lo sguardo terrorizzato la distanza sempre più ridotta tra il mostro peloso e l'incrocio al fondo del viale... Già immagini Pablo in mezzo alla strada, un'auto che non riesce a fermarsi e lo travolgerà... Il borsone ormai incastrato addosso ti rallenta, le braccia protese in avanti sono ancora troppo lontane da lui, il piccolo bastardo che ti lancia all'indietro uno sguardo carico di beffa... Il disperato istante in cui capisci che non ce la farai mai...

...qualcosa sotto un cumulo di foglie per un attimo lo distrae: un'impercettibile deviazione, la velocità del mostro a zampe e ruote per un decimo di secondo scema, cogli l'attimo: la mano afferra la pettorina. Finalmente. L'inerzia fa sì che il borsone ti rovini sulla testa, ma non importa, le dita ghermiscono la pettorina e non la mollano più... Un attimo solo, per prendere fiato, e poi la gragnuola di scapaccioni che si abbatte sulla testa del demonio peloso: "Mai più Pablo!!! Non lo devi fare mai più!". E ti senti addosso lo sguardo sdegnato delle madame che, passando di lì, vedono un'aguzzina spietata accanirsi su un povero animale paraplegico...

...riporti Pablo verso casa, saldamente appesa alla sua pettorina. Cammini curva e lo sgridi: quello ti guarda, trotterella e quasi sorride, come dire "Ah ah, te l'ho fatta". Ti verrebbe voglia di staccargli la coda e fargliela passare da un orecchio all'altro... Poi gli dai un ultimo scapaccione, quasi affettuoso, lo tuffi in giardino sotto lo sguardo attonito di tua madre che è rimasta impietrita dalla sorpresa, raccogli la bici da terra, con la testa che sembra voglia schizzar via da in mezzo alle orecchie, tanto pulsa. Il cuore in gola, pare una mitraglia. Beh, guardiamo il lato positivo; oggi in palestra puoi fare a meno della fase di riscaldamento. Sei già perfettamente in temperatura!

mercoledì 23 ottobre 2013

Riflessioni davanti all'oblò della lavatrice

Caro il mio Pablo, a ben pensarci, secondo me, c'è qualcosa che non va. Ah sì, scusa, ho saltato la premessa... Ragionavo a voce alta. Ammesso che quei flebili segni di vita del mio unico neurone si possano definire, nel loro insieme, ragionamento. E' che ho appena dato il via all'ennesimo ciclo di lavaggio in lavatrice dei tuoi panni... Il secondo, solo di oggi. A quest'ora, perché di notte la corrente elettrica costa meno. Tanto qui non ci sono vicini che si scocciano per il rumore.

Che c'entra la lavatrice? C'entra, eccome. Adesso ti spiego il motivo. Vivere con un cagnotto come te, caro Pablito, è una soddisfazione, per un bel po' di ragioni. Ma non per quelle che potrebbero sembrare più ovvie. La tua adozione ha mandato in brodo di giuggiole il mondo degli "animalisti", chiamiamoli così. Un'azione degna di un profondo amante del mondo animale? E, in senso lato, amante della natura? Mah, non ne sarei così sicura... Qualche giorno fa è arrivata l'ultima bolletta dell'acqua: una cifra che manco una famiglia di quattro persone spende in sei mesi. Guardacaso, gli ultimi sei mesi, in cui tra le mura di casa mia (e un po' anche tra le palle) c'eri già tu. Per tenerti la cuccia pulita, consumo più acqua io di quanta se ne sia usata per raffreddare il reattore di Fukushima. E l'inquinamento è pari, se non peggio, vista la quantità di detersivo che mi tocca rovesciarci dentro. Se poi consideriamo che, un giorno sì e l'altro pure, caro il mio Pablito, tu ti inventi una piaga nuova... A me tocca curare che tutto sia il più possibile igienico. E vai di candeggina e lisoformio e amuchina. Dubito che l'ecosistema gioisca di tutto ciò. La natura è dura, non consente di vivere a chi non è adatto ad affrontare la vita; uno come te, Pablo, in natura sarebbe spacciato. Qui c'è di mezzo un bello sconvolgimento delle regole della natura, altro che. E pure del mio conto corrente: oltre alla sopracitata bolletta dell'acqua, anche quella dell'energia elettrica ha il suo bel perché...

Per non parlare della quantità di medicine che hai già ingurgitato nei tuoi quasi undici mesi di vita. Medicine, quindi probabilmente sostanze testate su altri animali come te. Amara e scomoda verità, ma verità. Non mi parlino di omeopatia e cavolate varie: se ti avessi curato con l'omeopatia, caro il mio Pablito, a quest'ora saresti già da tempo a tener compagnia al Belzebù canino; puoi dire grazie agli antibiotici se sei ancora qui a scorrazzare e far danni. Un urto per la coscienza, più irritante del gesso che stride sulla lavagna, ma al momento non saprei come porre rimedio al controsenso.

Dulcis in fundo, ma questo me l'avevano già fatto notare: con quel che costi tu, Pablito, si potrebbero mantenere in condizioni dignitose di vita chissà quanti cani sani che languono nei canili. Una vita a metà pesa più di tante vite intere.

Tutto vero. Razionalmente, Pablito, la tua esistenza non ha senso logico. Per fortuna, e dico fortuna tua ma anche mia, l'amore, di logica, non ha mai capito un accidente.

lunedì 14 ottobre 2013

Altri guai in vista?

- Dai Pablo, è ora di nanna adesso...

- Dinuovo nanna? No, mamma, dai, non voglio andare a nanna, c'è il sole, lasciami fuori a correre...

- Dai Pablo, non protestare... Hai la zampa gonfia, lo sai. Non puoi stare troppe ore sul carrellino.

- Ma no mamma... Che m'importa della zampa? Quella non è una zampa, io non la sento, non mi fa male, non è mia... Io ho due zampe e due ruote, dai mamma, lasciami le ruote! Voglio correre dietro a Céline...

- Per favore, Pablo, non farmi venir matta, dai. Devo metterti a nanna. Credimi, se fosse per me, vorrei vederti correre venticinque ore al giorno, con le zampe o con le ruote, come preferisci... Ma quella zampa dobbiamo metterla a posto. Lo vedi, com'è grossa. E lo sento io, quanto è calda. Vieni tesoro mio... Qui c'è la cuccia pulita, il cuscino con il vecchio golf di lana che è bello morbido.

- E va bene mamma... Io però sono proprio stufo... Prima o poi ti mordo, eh, guarda che ti mordo sul serio! Non è colpa mia se ho tutti questi guai... Ogni giorno ce n'è una nuova, e poi la cremina, il disinfettante, la fasciatura, l'iniezione... Non è che hai deciso di fare l'infermiera e ti vuoi esercitare su di me?

- Dai Pablo, lasciami la manica, su, basta con tutta questa bava. Sei proprio un cagnotto maleducato. Non la vedi, questa zampa? E' tutta una piaga... Cicatrene, Connettivina, Betadine, Veterabol, non so più cosa usare per far chiudere queste ferite. Senza contare tutte le porcherie che ti ho già propinato in pastiglie nella pappa... Sei peggio di un animale da laboratorio di sperimentazione, tu! Sì, sì, lo so che non è colpa tua... Non fare quello sguardo da orfanello, che mi spezzi il cuore. Sei il mio coccolone preferito... Un po' di pulizia del pelo con la schiuma, dai, senti che buon profumo di borotalco. Lo so, è inutile, tempo trenta secondi e torni a puzzare come una discarica, d'altronde sei masculo e si sa che l'omo ha da puzzà. Adesso ti gratto...

- Uuuh sì, grazie mamma... Fantastico, ecco così, sul collo, dietro l'orecchio, grrrr... E' una scocciatura, sai mamma? In effetti le ruote vanno bene per correre, ma non per grattarsi dietro le orecchie... Mi piace tantissimo quando mi gratti tu! Faccio le fusa come i gatti, anche se a me i gatti stanno proprio antipatici.

- Ecco qui... Una bella grattata. Quanto sei bello con questo testone tondo... Queste orecchie a parabola! E questi occhioni neri... Sei un ruffiano sai? Ora aspettami qui un attimo... Ecco qui la borsa dell'acqua calda. Lo so, forse esagero, ma tu sei un cagnotto siculo, arrivi dal caldo... Qui fa freddo, è tutto umido. Ecco, la borsa dell'acqua calda contro la schiena e la copertina di lana tutta addosso. Bravissimo patato. Fai nanna adesso. Tra un paio d'ore ti porto un'altra borsa calda. Le ruote te le lascio qui; promesso, tra un po' ti faccio correre dinuovo. Tu però, in cambio, cerca di guarire, così anch'io mi metto un po' il cuore in pace...

martedì 1 ottobre 2013

Guida pericolosa

Ogni tanto mi viene il dubbio che per te, Pablo, non basti il normale veterinario. Credo sia opportuno contattare un buon esorcista. E che diamine... Sei un cane paraplegico! E' vero, è vero, ho fatto di tutto per convincerti che ce la potevi fare, che avresti potuto correre quasi come gli altri cani... Ma avevo detto "quasi"! E adesso mi ritrovo una specie di robocop canino che viaggia per il giardino in spregio ai limiti di velocità, sferragliando e cigolando. Attila, devo ribattezzarti. Dove passi tu, non cresce più un filo d'erba... E, se malauguratamente decidesse di crescere lo stesso, povero filo d'erba, tu fai che depositarci sopra una montagna di cacca e via. Non puoi masticare tutto quel che ti arriva a tiro: almeno l'intonaco dei muri, per favore, lascialo dov'è, che è messo lì apposta... Se ti mancano i minerali nella pappa, basta dirlo, ci sono modi più urbani per procurare un integratore alimentare. E poi vacci piano, con Céline... Va bene morderle le orecchie, appenderti alla sua coda, ma guarda che lei è una fanciulla permalosa: basta un ringhio e ti ritrovi ribaltato per lo spostamento d'aria! Travolgere quel grosso rottame che è la mia bici da passeggio, ad esempio, e fartelo crollare addosso non è stata una buona idea... Va bene che tu ti sei dato una scrollata e sei ripartito senza battere ciglio, ma mi hai terrorizzato la zia! Lo sai che lei già non sta troppo bene...

Va beh dai. Almeno un paio di lezioni a scuola guida te le devo far prendere. Sono stufa di trovarti con le ruote all'aria. Forza centrifuga, non te l'hanno insegnato a scuola? Se esageri con la velocità in curva, finisci così... Considera poi che il carrellino non è il massimo come tenuta di strada. E' inutile che poi tu stia lì con le zampe al vento e frigni. Sei un pirla, ecco cosa sei! Se non altro, posso tirarti su per la coda senza farti male...

Però hai quegli occhioni che... Come si fa a sgridarti? Lo so, io ogni tanto do di matto. Sono nervosa, ma non è colpa tua. So che lo sai... Ti limiti a guardarmi con quella tua aria interrogativa, le orecchie che si inclinano un po', come dire "Sà, qual è la scusa stavolta per sgridarmi?". Non hai colpa di nulla, e se ogni tanto combini qualche guaio che richiede l'intervento di secchio e strofinaccio... Beh, anche questo, virtualmente, lo mandiamo a casa del farabutto che ti ha ridotto così. Nella speranza che l'incontro ravvicinato con un TIR abbia già provveduto, realmente, a renderlo parte integrante del bitume.
Non guardarmi così, quando chiudo la porta. Non posso farti entrare in casa. Questa casa è un intrico di barriere architettoniche... Spigoli e scalini ovunque. Cerca di capire. E poi, guarda il Tittone, com'è diventato pigro e ciccione a furia di stare sempre in casa. Ogni tanto esco a coccolarti. Ogni tanto ti mando Céline, non protestare. Guarda il mondo, caccia le lucertole, stendi a terra le zampotte quando sei stanco. E non farmi dannare per metterti a nanna al pomeriggio. Tutti i bimbi fanno la nanna al pomeriggio e tu sei il mio: ma al contrario dei bimbi, che crescono, tu sarai cucciolo per sempre! Quindi silenzio e fila a nanna...


mercoledì 18 settembre 2013

Miracoli

Come ogni sera, esco in giardino per recuperare Pablo ed accompagnarlo a nanna. Ho un bel chiamarlo: nessuna traccia di lui. Pablo, Pabloooo!!! Perlustro il territorio: ecco, il marrano sta inseguendo chissà che nell'angolo più buio del giardino. Lo chiamo con voce imperiosa: "Pablo!". Questa volta, si convince che sia più saggio obbedire... Un nanosecondo: ha già travolto quel che resta della povera rosa sulla sua traiettoria, è saltato - sì, saltato! - sul battuto di cemento e si è già schiantato contro le mie tibie. La massa di Pablito, già tutt'altro che trascurabile, più quella del carrellino. Con tutto il suo entusiasmo, che si traduce di solito in una terrificante colata di bava. Non impreco neanche più: ormai le tibie han fatto il callo. "Pablo, è ora di nanna". Giro i tacchi e mi avvio: basta un cenno; dietro di me, il rumore di ferraglia mi conferma che il mio piccolo rottweiler malriuscito è lì, passo dopo passo. Proprio come farebbe qualsiasi altro cane. Gli accarezzo il testone, gli stringo il muso tozzo da molosso, tocco la sua fronte con la mia.

Pablo, io non credo ai miracoli. Tu sei la mia unica eccezione.

sabato 14 settembre 2013

Nove mesi di Pablo

Il piccolo Pablo ormai è grande.

Lo testimonia il calendario: il 10 settembre, pochi giorni fa, Pablito ha compiuto ufficialmente nove mesi. Ufficialmente, appunto, ma, giorno più, giorno meno... La data serve solo per sapere quando è ora di accendere la candelina.

Lo testimoniano le ruote del carrellino: sostituite con un altro paio, nuove di zecca, più grandi, perché le zampone anteriori ormai sono lunghissime.Ogni tanto, anche così, il piccolo delinquente si ribalta ancora; come pilota, bisogna ammetterlo, non vale granché. Non riesce a prender le misure dell'ingombro: e come posso sgridarlo, io che non riesco a centrare un parcheggio se non è una piazza d'armi deserta? Per fortuna, i suoi amici umani, quelli che non mancano mai di mandargli un saluto attraverso le sbarre del cancello quando passano sotto il viale, si preoccupano persino di suonare il campanello quando lo vedono a ruote all'aria. Non sempre me ne accorgo io per prima!

Lo testimoniano, infine, le dimensioni delle sue cacche... Per ora le rimuovo ancora con la pala da neve, ma ho ordinato un escavatore, altrimenti qui non ci si salva. Sto pensando di mettere su una centrale a biomasse: il carburante sarebbe bio di sicuro... Quanto alle masse, ce n'è da vendere! Sono convinta che Pablo abbia il potere soprannaturale di moltiplicare la materia. La quantità che entra da una parte è evidentemente inferiore, ma di molto, alla quantità che esce dall'altra... Del resto, il mostriciattolone peloso non è mica l'unico, sulla terra, a potersi vantare di tale dote. Ci sono anche i bicchieri "infrangibili": provate a lasciarne cadere uno per terra... E, quando avrete finito di raccogliere i frammenti e tirare giù santi dal calendario, vi ritroverete con una quantità di vetro sufficiente a creare un intero servizio da sei.

Le orecchie svettano, finalmente entrambe dritte ed orgogliose. Quando ci si avvicina al cancello di casa, dal viale, le due antenne nere spuntano come razzi pronti al lancio. Il caratterino è formato: troppo buono con gli esseri umani, che avrebbe tutto il diritto di odiare a morte, ma cocciuto e disubbidiente senza speranza. Del resto, io non sono né un'educatrice adeguata, né tantomeno un esempio da seguire. Il testone è enorme e gli occhi... Beh, adesso sì, c'è voluto un po' di tempo, ma adesso quelli sono occhioni davvero espressivi. Quelli che ti ritrovi addosso all'improvviso, mentre si va a passeggio: un istante lungo una vita, in cui i suoi occhioni neri con la lunetta bianca incrociano i tuoi, uno sguardo per dirti "tu sei qui, io sono qui, va tutto bene". E poi via, subito, naso a terra a caccia di odori. Piccolo Pablo, ti voglio bene!




giovedì 15 agosto 2013

Nato per la terza volta

A distanza di quasi un mese, la ferita sulla zampa si è quasi rimarginata. Non ci avrei scommesso un soldo bucato, davvero. Ero convinta che quel disastro non avrebbe mai più avuto rimedio, invece... Ben lieta di essermi sbagliata. Si può proprio dire che Pablo sia nato per la terza volta: è nato dalla sua mamma, è rinato nelle mani delle volontarie siciliane che lo hanno salvato e curato, è rinato ancora per merito dei dottori della Clinica Vercelli, a Torino. Ma non erano i gatti, ad avere sette vite?

Rimarrà una vistosa cicatrice, certo, ma non importa: in fondo Pablito è un rude maschione, mica una modella da copertina. La cicatrice fa tanto macho. Il carrellino è ormai diventato parte di lui: con cautela, tenendo sotto controllo le zampe posteriori, sono ormai arrivata a lasciarlo "su ruote" anche sei, sette ore di fila. Ossigeno per me, che riesco così a concedermi qualche uscita in bici o di corsa più lunga, ma soprattutto per lui, che strilla come un maialetto ogni volta che lo metto a riposo. Le ruote sono la sua nuova vita. L'importante è che le zampe non gonfino... E che all'inguine non si formino altre piaghe. Vado di crema emolliente e borotalco: se dicessi che sono diventata bravissima a maneggiare i gioielli di famiglia del cagnotto, potrei essere male interpretata... Ancora pochi giorni ed anche la trafila di bendaggi e medicazioni sarà solo un ricordo. Speriamo.

...così, ad accogliermi quando rientro in casa, da un'uscita di sei ore come di cinque minuti, adesso sono in tre. Pericolosissimo: bisogna essere più che saldi sulle gambe, per evitare di venir travolti senza misericordia.  I lividi sui polpacci, invece, sono inevitabili: gli spuntoni del carrellino non perdonano.

A spasso per Carmagnola, alla sera, non manca mai qualcuno che si ferma, osserva, si informa. C'è persino chi, forse per affinità di guai di salute, si sfoga "confessando" i propri acciacchi: coraggioso quel signore che ci ha parlato della sua "malattia che non si vede", il disturbo bipolare. E quei bambini più attenti e sensibili, che rifiutano di accettare l'idea che la paralisi di Pablo sia definitiva: "Ma quando torna a camminare da solo?". "Mai" non è una risposta, per quei bimbi; spiega loro che non potrà mai camminare e torneranno a chiederti quando potrà camminare. C'è chi apprezza l'animale, chi il gesto dell'adozione, chi la meccanica del carrellino. Del resto, più lo guardo e più credo di avere per le mani un piccolo gioiello meccanico, tanto semplice quanto geniale. Il piccolo mostro ci ha preso confidenza anche in mezzo all'erba: memorabili i suoi raid in giardino all'inseguimento di Céline. E che dire di quando Pablo accompagna mammà a raccogliere le susine, il suo grosso muso tozzo sempre a disturbare il lavoro dell'unica mano abile dell'ortolana? Pazienza se ogni tanto si incaglia o, peggio, si rovescia a ruote all'aria. Tanto, non manca di farsi sentire con tutto il fiato che ha in corpo. E poi c'è Céline che, in questi casi, si fionda alla ricerca dell'umana che vada a porre rimedio al disastro. La prossima volta, carrellino con correttore di stabilità. Intanto, cominciamo a cambiar le ruote, che queste son diventate troppo piccole!

domenica 28 luglio 2013

Si torna a casa

Mercoledì, giovedì, venerdì: ogni giorno telefonata alla clinica per aggiornamenti. Il mercoledì, a dirla tutta, faccio un salto in clinica di persona, in compagnia di Giorgio che si fa davvero in quattro; almeno lui, con i dottori, parla da pari a pari... Ma il veterinario che lo segue mi guarda con il terrore negli occhi quando chiedo di poterlo vedere. A quanto pare, il piccolo mostro ha straziato le orecchie di tutti i presenti da ieri notte fino a poco fa... Credo abbia smesso per sfinimento, ma presto tornerà attivo ed ululante. Meglio non anticipare quel momento facendomi vedere... Anche perché in fondo, per lui, sarebbe il rinnovo di un abbandono. E per me, idem. La lontananza è dura, ma devo resistere; è per una buona causa, per la sua stessa pellaccia. Sono giorni in cui ritrovo la libertà di orari e movimento che avevo prima che il mostro entrasse nella mia vita: uscire senza tener d'occhio l'orologio per il rientro a casa, dormire mezz'ora di più al mattino, niente linoleum da pulire... Eppure tendo l'orecchio, mentre lavoro in ufficio, e mi sembra di sentire la sua voce provenire dal giardino; guardo fuori ed ho l'impressione di vederlo arrivare di corsa con le ruote... Mi viene in mente un verso di una bella canzone degli 883: "Senza averti qui / non è che ci si senta liberi". Io che non ho mai patito la mancanza di un essere umano, patisco, eccome, quella di uno dei miei pelosi. Del resto, già solo quando Skipper va in montagna con mia sorella, ne sento la mancanza, anche se so che il mio nuvolone bianco è in buone mani e si diverte.

Per telefono vengo a sapere che le cure proseguono e la zampa sgonfia: sono davvero ansiosa di vedere con i miei occhi quanto sia davvero sgonfiata... Sabato pomeriggio, all'una e mezza, sono in clinica. Il dottore mi consegna le istruzioni per la cura, due antibiotici più disinfezione accurata e ripetuta; circa il tempo necessario perché la ferita si rimargini, nessuno si sbilancia. Finalmente rivedo il mio piccolo: smagrito, un po' intontito, ma la zampa è perfettamente sgonfia... Stento a crederci. Ancora un passaggio sul tavolo di metallo, per l'ultima veloce medicazione e fasciatura prima di tornare a casa. Non è affatto finita qui, comunque, non posso e non devo dimenticarmelo: chiosa il dottore, con un sospiro, "E' un tentativo".

Ho già provveduto ad ordinare una zanzariera che protegga la cuccia esterna di Pablo, sotto la tettoia: nel frattempo, per un paio di giorni lo sistemerò in casa, ai piedi della scala. Intanto provvedo a massacrarlo di coccole: mamma rincara la dose. Persino Céline manifesta la gioia di rivederlo, sia pure a modo suo. Solo Skipper non fa nulla per nascondere il disappunto...

Sul carrellino si torna fin da subito, sia pure con molta gradualità. Proteggo con bende elastiche sia la ferita che gli anelli che sorreggono le zampe. La prima passeggiata è un trionfo: ormai tutto il vicinato, o almeno la parte cinofila di esso, conosce Pablo e segue giorno per giorno le sue vicende; tanti ci incontrano e si informano sulle novità. Lui, ormai una star consumata, riceve e dispensa coccole e si gode la popolarità. Certo, concedersi a tutti questi fan è faticoso, ma ahimè è il prezzo da pagare per la fama!

Ce la siamo vista brutta...

...e poi, quando tutto sembra procedere a gonfie vele, capitano i guai. Beh, se devo essere davvero onesta, nel mio caso non è che i guai "capitino", così, per uno strano caso del destino. Di qualunque ambito dell'esistenza si parli, dal lavoro all'automobile ad una caffettiera sul fornello, compaiono perché io stessa faccio di tutto per evocarli: inconsapevolmente, spesso, e questa non è un'attenuante, anzi, è un'aggravante.

Contentissima della gioia di Pablo con il suo carrellino, commetto l'errore di lasciarlo "su ruote" per troppe ore consecutive. C'è anche da dire che il mostro, ora che ha conquistato l'autonomia del movimento, non vuol più saperne di stare a cuccia e manifesta il suo disappunto facendo ricorso a tutte le possibili modulazioni di voce che il genere canino abbia a disposizione, naturalmente al massimo volume. Così, complice anche il caldo, la zampa posteriore destra comincia a gonfiare. La colonna vertebrale di Pablo è fatta a "S"; in corrispondenza dei due anelli che sostengono le zampe a livello dell'inguine, la schiena è storta verso destra e, di conseguenza, l'anello di destra esercita sull'inguine una pressione più intensa. La circolazione, in quella zampa, è un affare più complicato: ragionamento molto acuto, il mio, se solo l'avessi elaborato prima che capitasse il patatrac...

La zampa "un po' gonfia" a sera diventa una salsiccia il mattino successivo, nonostante le ore trascorse a riposo nella cuccia. Con gran strazio delle mie orecchie e di quelle dei vicini, riduco la durata della permanenza di Pablo sul carrellino: un'ora al massimo, poi giù a nanna. Massaggi, ghiaccio, diuretico: niente da fare, la zampa è gonfia a dismisura e non accenna a migliorare. Pablo, com'è ovvio, non si accorge di nulla, visto che non ha alcuna sensibilità: non capisce il motivo di tanto trambusto e protesta vibratamente. Al terzo giorno in questa condizione, si va dalla bravissima dottoressa di fiducia della famiglia pelosa Agostini: il responso sarebbe tale da gelare il sangue nelle vene del piccolo, se solo potesse capire. Niente carrellino per un po': senza appello. E qui sono io a disubbidire: proprio niente niente, no... Carrellino almeno per le passeggiate igieniche, altrimenti il mostro dà di matto... Ed io pure!

La zampa non accenna a sgonfiare, è tesa come una zampogna e rigida. Ma il peggio deve ancora venire. La sciagurata domenica mattina del 14 luglio sistemo Pablo nella sua cuccia all'aperto, gli do una pulita al pelo con acqua e aceto e lo lascio a riposo poco più di due ore; è il turno degli altri due pelosi, da portare a spasso in compagnia di mia mamma. Noto una piccola sbucciatura all'inguine, colpa forse del gonfiore della zampa e dello sfregamento contro il sostegno del carrellino, ma, me tapina, ne sottovaluto l'importanza.

Al ritorno, è l'apocalisse: Pablo è tranquillo come sempre, ma nell'interno della zampa posteriore destra manca la pelle su un'area grande un palmo... Lì per lì resto senza parole: come è possibile che si sia staccato un pezzo di carne? Eppure qui intorno non c'è nulla... Poi guardo meglio e capisco: decine di minuscoli, disgustosissimi vermi stanno facendo banchetto della zampa. Resisto a fatica alla tentazione di svenire, mi fiondo in casa, mi aggrappo al telefono: chiamo immediatamente l'altro dottore di fiducia nonché mio amico e compagno di corse. "Pablo ha i vermi!!!!!!", urlo in preda alla disperazione. Acqua ossigenata, subito, a fiumi, per farli uscire tutti in superficie, per levarli via uno ad uno. Do fondo ai due barattoli che ho in casa, mentre mamma fila a spron battuto al supermercato per comprarne dell'altra; combatto contro un disgusto senza fine, io che svengo ogni volta che mi presento alla Fidas per la donazione, già alla vista del piccolo ago per la prova della glicemia. Mosche stramaledette... Con immensa fatica, dati i quasi trenta chili di Pablo e la difficoltà nel trasportare un peso con la forma e la vitalità di un cucciolo, trascino il mostro su per le scale, al primo piano, dritto dritto nella vasca da bagno, per lavare via tutti i residui di quelle bestiacce immonde dalla ferita e dal pelo, e poi ancora acqua ossigenata, Betadine, fasciatura... La ferita è impressionante, enorme, profonda, maleodorante. Ed io sono annichilita. Quella zampa martoriata, gonfia ed adesso anche squarciata... Nel pomeriggio, Giorgio viene a controllare la situazione e ad accertarsi che tutte le larve della mosca carnaria siano state rimosse. Sono certa che, visto il mio stato, mi voglia nascondere la reale gravità del danno. Disinfettare, fasciare, continuare con il diuretico ed aggiungere un antibiotico: per oggi, con le farmacie chiuse, l'Amoxicillina può andar bene. In casa ne ho.

Serve a poco chiudere il recinto quando i buoi sono scappati... Nonostante tutte le premure, il lunedì - giorno del mio trentaduesimo compleanno, il più angoscioso della mia esistenza - Pablo non migliora. Non si accorge di nulla, lui, è vivace e vitale ed incontenibile come sempre; mangia con buon appetito, ma quella zampa è sempre peggio. La ferita emana un odore che fatico davvero tanto a sopportare. Martedì, altro consulto veterinario: il responso è di quelli che tagliano le gambe, è proprio il caso di dirlo, perché le alternative sono due: o l'amputazione di entrambe le zampe, con disarticolazione a livello dell'anca, oppure... Soppressione. Altrimenti, l'infezione galoppante presto si estenderà oltre la zampa, con le conseguenze che si possono immaginare. Stringo il testone di Pablo tra le mani e piango come una fontana, mentre la dottoressa mi spiega quel che io stessa so essere giusto e razionale. All'amputazione mi rifiuto anche solo di pensare: Pablo resterebbe un tronco, si trascinerebbe strisciando sui genitali, senza contare la tortura di un intervento chirurgico di quella portata e soprattutto senza contare il fatto che, nemmeno così, si potrebbe avere alcuna garanzia di fermare l'infezione. La soppressione... Guardo Pablo che ansima per l'agitazione, qui sul pavimento dello studio, e mi lecca le mani con la sua linguona ruvida; guardo i suoi occhietti vispi e pieni di voglia di vivere... E poi guardo quella zampa ormai quasi in cancrena, deforme, sfregiata. La parte razionale di me ha già deciso: solo, non adesso, non oggi. Voglio tenerlo con me ancora un giorno, stargli vicino questa notte, riempirlo di coccole e cose buone, e poi domani pomeriggio tornerò qui.

Esco dall'ambulatorio con la sensazione di chi non ha più la terra sotto i piedi. Non capisco, una settimana fa eravamo così felici con le ruote nuove... E adesso...
Trascorro il pomeriggio fisicamente in ufficio, ma non sono presente. Non so cosa possano pensare, i clienti che passano di qua, dei miei occhi rossi e gonfi. Probabilmente mi scappa qualche risposta che c'entra con le domande come i cavoli a merenda. Scappo da Pablo, nel frattempo sistemato in casa ai piedi della scala, ogni volta che posso, ed ogni volta lui mi accoglie come se non mi vedesse da secoli. Non posso credere che domani sarà tutto finito... Mamma tace, cerca di farmi coraggio ma è distrutta quanto me. Eppure cosa posso fare? Se almeno l'operazione potesse lasciargli due moncherini... Ma la piaga è proprio nell'interno coscia, estesa fino all'inguine. Cosa ne sarebbe di lui, se anche sopravvivesse? No, non posso accettare l'accanimento terapeutico, non lo voglio neppure per me stessa, sarebbe follia.

Arriva la sera. Resto in ufficio, avrei un sacco di incombenze da sbrigare; in realtà mi aggiro come uno zombie, non so dove sbattere la testa. Ho appena medicato il piccolo; quella ferita è indescrivibile, ormai necrotica. Disperazione... Pazienza che il lavoro stia andando a pallino, pazienza che i rapporti familiari si siano sgretolati, pazienza che la mia vita stia correndo troppo in fretta verso il burrone... Ma perché anche Pablo? Perché lui? Non ha ancora patito abbastanza? Forse chi l'ha ridotto così, spezzandogli la schiena, non è ancora soddisfatto della prodezza?

Mi chiama Matteo, da Genova. Sa già tutto, vuol venire a salutare Pablo per l'ultima volta. Cerco di dissuaderlo, ma in realtà la sua presenza sarebbe per me un sollievo immenso, per quanto possa esserci sollievo in questa situazione... Partirà poco dopo le otto, alla chiusura del negozio.
...ma non ha senso, non può avere senso uccidere una creatura così. Pablo è troppo gioioso. Possibile che non ci sia una terza alternativa? Benedetto telefono, mi ci appendo, chiamo Giorgio, il dottore: "Senti, lo so che mi mandi al diavolo, ma io voglio fare ancora un tentativo. Voglio portare Pablo in clinica, adesso". Il primo pensiero va ad una struttura di Piossasco: ma non risponde nessuno. Mi dirotto quindi a Torino, alla Clinica Veterinaria Vercelli, dove avevo già portato Pablo per le radiografie: Giorgio chiama per me; mi riferisce che il Pronto Soccorso è effettivamente operativo anche di notte. Mamma mette a disposizione l'auto, visto che la mia è momentaneamente KO dal meccanico; il povero Matteo, suo malgrado, appena arrivato qui, alle dieci e mezza passate, è costretto a rimettersi in marcia, alla guida, destinazione Torino, corso Traiano. Pablo, nel bagagliaio appositamente allargato abbattendi i sedili, strilla e strepita e distrugge i fogli di giornale messi a protezione dei sedili.

La notte è davvero di quelle buie e tempestose: un vento gelido s'infila dai finestrini; il cielo nero è squarciato di lampi; la periferia di Torino, ancor più squallida. Matteo ed io abbiamo il cuore in gola; combattiamo per ostentare una calma che nessuno dei due ha. Vorrei non arrivare mai a destinazione... La luce gialla dei lampioni rende tutto più sinistro. So bene che sarà inutile, ma non posso rassegnarmi così, senza tentare il tutto per tutto. Se poi mi diranno che non c'è nulla da fare, allora chinerò il capo e non riporterò Pablo a casa.

Scarico Pablo davanti all'ingresso della clinica, con la vetrina oscurata ed illuminata da una fioca luce. Da dentro provengono delle voci; forse non siamo gli unici pazienti notturni. Pablo impazzisce annusando mille odori interessanti nell'aiuola, mentre io lo sostengo a fatica con il sospensore. Ci accoglie un veterinario giovane, gentile, con un bellissimo viso ed occhi dello stesso colore blu-verde del camice: giù in sala d'attesa, mentre viene congedato il paziente canino prima di noi. Pochi minuti di angoscia: Matteo, pur non avendo cani suoi - per il luogo in cui vive ed il suo lavoro, non potrebbe proprio - si è affezionato ai miei nella stessa maniera viscerale in cui li amo io. A Pablo in particolare, forse perché tanto affettuoso e sfortunato.
Con le lacrime a stento trattenute, seguiamo il dottore in una delle stanze dell'ambulatorio e solleviamo Pablo, per niente contento del trattamento, sul tavolo di metallo. L'ennesima vista di quella ferita rischia di mandarmi a gambe all'aria...

Il dottore non è così pessimista, anzi. Le sue parole hanno l'effetto di una maschera di ossigeno sul viso di un uomo che non respira più, o magari la dose di eroina per il tossico in crisi di astinenza. La situazione è grave ma non irreparabile... Bisogna pulire la ferita, asportare le parti necrotiche, sottoporre il piccolo ad un esame batteriologico per individuare l'antibiotico più adatto. Questo dottore con Pablo è tenerissimo, lo accarezza, gli fa le moine... Matteo è fuori di sé dalla gioia; dal canto mio, io cerco di tenere a freno l'entusiasmo, perché ho troppa paura della disillusione... In fondo, la medicina non è una scienza esatta; da profano, non puoi mai sapere qual è il medico che azzecca la diagnosi, fino a quando non vedrai davvero i risultati della cura. Ergo, da profana, non voglio gioire prima del tempo... Ma quel che è certo è che Pablo avrà salva la cotenna ancora per qualche giorno. Cominciamo ad accontentarci di questo.

Potrei riportarlo a casa e seguire le istruzioni per la medicazione, e poi tornare in clinica domani... Ma non me la sento davvero. Nonostante il dottore quasi suggerisca che non è il caso, insisto perché Pablito resti ricoverato lì, sotto controllo continuo di occhi e mani esperte. Gli accarezzo ancora una volta il testone, gli chiedo scusa... Il mostro finisce in sala degenza, in un bel box, lindo e piastrellato, con tanto di scarico centrale per la pipì. Certo, è una gabbia: Pablo non tarda a manifestare con violenza vocale il suo disappunto, tanto che mi si stringe il cuore a voltargli le spalle e ad andare via. Ma credo che la penitenza peggiore toccherà al povero whippet nella gabbia accanto, unico altro degente: ha un'aria tristissima e sofferente e gli toccherà sorbirsi per tutta la notte il concerto per corde vocali...

Avviso Giorgio delle novità: anche lui è ancora sveglio, a mezzanotte passata, in pena per il peloso. Rientro a casa con il cuore appallottolato come un pezzetto di stagnola per alimenti. Troppo presto per realizzare cosa sia successo. Fuori dell'auto infuria l'acquazzone, dentro c'è una calma quasi irreale... Potrei sgonfiarmi come il pallone airbag. Grazie Matteo. Domani, appena possibile, telefonerò alla clinica per avere notizie. Ora però mi serve una lunga notte ristoratrice.

sabato 13 luglio 2013

I Pablodanni

In caso l'avessi dimenticato, le Pabloruote mi riportano immediatamente alla memoria quel che significa avere a che fare con un cucciolo. E' vero, Pablo ha ormai sette mesi, è già qualcosa di più di un cucciolo, ma è in credito con la vita; comincia solo adesso a scoprire il mondo... Ed a fare danni. Il più classico dei classici: rosicchiare tutto quel che capita a tiro, meglio se non commestibile, meglio se pericoloso per la sua stessa incolumità. La cuccia di Céline, per esempio, oppure le cassette della frutta accumulate in giardino perché "non si sa mai, possono servire": tante belle schegge di legno, magari anche qualche gancio di ferro appuntito e un po' arrugginito per dare più gusto. Le maglie stese che il vento fa cadere e che una massaia incapace e distratta come me non raccoglie. Poi c'è il tubo di irrigazione del giardino; la tenda da campeggio, incautamente lasciata a livello terra, chiusa nel suo sacco: ecco, adesso c'è una presa d'aria in più nel telo di copertura. "Merito" delle ruote...

"Il bionico", l'ha ribattezzato mia sorella. In effetti, con quella struttura di alluminio fa la sua porca figura da alieno. Però è bene che gli umani si muniscano di parastinchi: io ho già perso il conto dei lividi nei polpacci, perché è ovvio, il piccolo s'è affezionato, vuol farmi le feste ogni volta che mi vede ed ha un'onda d'urto mica da ridere... Ed un mira eccezionale con gli spuntoni del carrellino. Ed ha già capito, il piccolo terrorista, che razza di sentimentalona io sia: non riesco a sgridarlo, se penso a quel che ha già patito questo piccolo. Considero i miei lividi come una sorta di acconto dell'espiazione del genere umano nei suoi confronti. Il guaio è che non so se altri che dovessero entrare in giardino siano disposti allo stesso sacrificio...

Capita anche che una conoscente di mia mamma, incauta, lasci la borsa della spesa in giardino, accanto all'ingresso, prima di entrare per far quattro chiacchiere. Il piccolo delinquente, quatto quatto, non si fa scappare l'occasione. Per puro caso esco dall'ufficio: lo trovo intento a sbranare un ultimo brandello di plastica per alimenti. L'estremo residuo di un pacchetto contenente due etti di prosciutto, carta e, appunto, involucro di plastica. Solo il caso fa sì che io possa così mettere in salvo il resto della spesa. Ho l'impressione che Pablo mi costerà parecchio in fatto di danni. Per fortuna, ogni tanto esagera con l'entusiasmo e si ribalta, restando con le ruote all'aria e lo sguardo perplesso: mi verrebbe quasi voglia di lasciarlo lì...

venerdì 12 luglio 2013

Debutto in società

Il debutto delle PabloRuote in società a Carmagnola è quasi in sordina: giovedì mattina, o meglio giovedì notte, a passeggio alle quattro sotto il viale di fronte a casa ci siamo, guardacaso, solo noi. Una brezza leggera agita le foglie dei tigli, l'unico segno di vita. Dovrei cascare a terra dal sonno: invece, provvede l'entusiasmo a tenermi più sveglia ed allegra che mai. Pablo trotta come se l'appendice in alluminio fosse da sempre parte di lui: non si perde un odore che sia uno, schizza a zigzag, sotto ad una panca, dietro al bidone. Stento ancora a crederci. Pablo, così. è un cane quasi normale; autonomo quanto basta da poter restare in giardino a zampettare da solo, inseguire una palla, spostarsi per mangiare o per bere, esplorare il mondo. Non troppo però: è un carrellino, non un carro armato; meglio quindi evitare le aree più impervie del giardino. Ditemi quel che volete, ma io su quel musetto da cucciolo curioso leggo un bellissimo sorriso.

Pochi giorni e Pablito, tra i vicini, è già una star: basta un giro in centro, in una di quelle sere in cui d'estate io negozi restano aperti fino a tardi e molti si dedicano allo struscio, per fare collezione di sguardi allibiti, silenzi improvvisi che troncano le chiacchierate nei capannelli, qualche audace che si avvicina a chiedere ragione di un cane con le ruote. Novità e curiosità prima di tutto: poi, so benissimo che molti, a distanza di sicurezza, non risparmieranno commenti sarcastici e sprezzanti. Ma in molti l'entusiasmo e genuino: non puoi fingere l'amore per il genere canino, se non lo vivi e non lo conosci davvero. "Egli si va, sentendosi guardato, benignamente d'umiltà vestuto" e non si fa scappare una carezza che sia una; ha ragione mammà, si sente davvero cane! Con lui non si passa certo inosservati: è contenta anche mammà, che prima si crucciava perché convinta che l'intero orbe terracqueo non avesse altro da fare che scrutare i segni del suo handicap. Ora nessuno bada più a lei: non le baderebbe nemmeno se indossasse cappello e naso rosso da clown. E' Pablito che ruba la scena... Ed è indimenticabile il momento in cui, accanto a noi, compare un uomo in carrozzina che si avvicina e gli tende la mano. Sei ruote, due anime, lo stesso destino vigliacco. "Cosa gli è successo?", mi chiede l'uomo. Gli racconto, in breve, la storia. "Siete stati bravi a prendervene cura", aggiunge, senza staccare gli occhi di dosso a Pablo. Chissà se anche lui ha qualcuno che "si prende cura". Lo spero tanto. Se solo osassi, vorrei conservare questo momento in una foto. Ma esito a chiedere il permesso... E un attimo dopo è già troppo tardi. Ma forse è meglio così. Coraggio, Pablo, in fondo tu una gran fortuna ce l'hai. Sei nato cane; chi ti ha rotto le vertebre non ha spazzato via i sogni ed i progetti di una vita intera. Tu sei nato cane e ti basta poco per essere felice, anche così: una ciotola piena, una mano che ti accarezzi, un capolavoro di meccanica, alluminio e gomma per correre. E per vendicarti contro Céline dei tre mesi di dispetti che ti ha inflitto finora: sarà battaglia dura!

Le PabloRuote!


Non poteva sapere cosa volesse dire "correre", lui. O forse sì, lo sapeva perché vedeva correre Skipper e Céline, vedeva correre me che mi sforzavo di sostenerlo con il sospensore, mentre lui si lanciava in un inseguimento impossibile, ma non poteva avere nelle zampe la sensazione della corsa. Eppure non ho le traveggole: è vero, sono reduce da un'alzataccia alle tre di notte e cinquecento e passa km al volante, ma quel che vedo proprio la nuova versiona spider di Pablo. Questo piccolo diavolo peloso ha le ruote da due minuti scarsi e già trotta come un cavallino. Mi ricorda tanto le mitiche automobiline radiocomandate con cui giocavo in giardino da bambina, una delle mie passioni sfrenate di allora, con la differenza che qui non c'è nessun radiocomando... La guida è il cervellino gioioso di un cagnotto che oggi, per la prima volta, non ha più nulla da invidiare ai suoi scodinzolanti simili a quattro zampe motrici.

Tutto è cominciato su Internet, a dispetto di coloro che considerano la rete un passatempo per nullafacenti o, peggio, una sorta di strumento demoniaco di perdizione. A caccia di qualcosa o qualcuno che tratti carrellini per cani con handicap, perché sì, so che qualcosa del genere esiste. Mi imbatto nel sito "Carrellini del Mago", proprio quel che fa al caso mio e, soprattutto, di Pablo. Perdo ore incantata a scorrere le foto delle meravigliose creazioni di questo artigiano: cani di tutte le razze e non razze, di tutte le taglie, con problemi di vario genere, dalla paralisi alla mancanza di un arto alla debolezza dovuta alla vecchiaia; ciascuno con il proprio carrellino, fatto su misura. "Code felici" è il titolo dell'album di immagini. Ruote posteriori, ruote anteriori, quattro ruote, ce n'è per tutti i gusti e tutte le esigenze. E non solo per cani: anche per gatti, persino per conigli... Dulcis in fundo, tra i pelosi a rotelle c'è persino una nutria! Volgarmente detta la pantegana...
Mea culpa, impiego un po' di tempo a decidermi, un mese ed anche più. Nemmeno io conosco il vero motivo della mia inerzia, forse una segreta speranza di poter recuperare qualcosa della funzionalità delle zampe di Pablo, forse l'illusione di essergli io stessa sufficiente per le esigenze di movimento, forse il dubbio che tutto ciò in realtà non serva a nulla... Ma Pablo cresce, è sempre più pesante e sempre più vivace. Sollevarlo ed accompagnarlo a braccia diventa difficile e frustrante per entrambi; la sua camminata, così, è innaturale, sbilenca, brutta. Aggiungi le insistenze di un paio di amici e di mammà, quella che "non lo voglio neanche vedere quel cane": è lei che preme con più determinazione perché noi si vada tutti a Treviso, direttamente dal Mago. Ma mamma, possiamo farcelo spedire, il carrellino... "Ma così facciamo un viaggio insieme". Urca... Parole che non le ho mai sentito proferire in quasi 32 anni di esistenza. Ok, non c'è altro da aggiungere, si va a Treviso.

Il lavoro preparatorio è importante: tocca prender le misure di Pablo, in lungo ed in largo, e scattare qualche foto al modello più indisciplinato della storia della fotografia. Piantala, bestio, guarda che Dolce & Gabbana non ti ammetteranno mai ad una sfilata, se tu continui a cercar di mordere l'obiettivo della fotocamera! Compilo diligentemente il modulo d'ordine del carrellino, trovato sul sito internet: modulo realizzato con tutti i crismi, che richiede sì le misure, ma anche molti dati sull'origine e sulle abitudini di vita del candidato alle rotelle; tanti dettagli che io, da profana, avrei tralasciato... Compreso quello che il Mago stesso mi chiede di chiarire per telefono: le zampe paralizzate di Pablo sono rigide o si piegano?

Il Mago è mago di nome e di fatto. Tempo pochi giorni e mi annuncia, con la sua bellissima parlata veneta, che il carrellino è pronto. Detto, fatto: mercoledì 3 luglio, giorno del compleanno di mammà, mi butto giù dal materasso alle due e mezza, dopo essere andata a nanna a mezzanotte per incombenze di ufficio; mando a far la passeggiata i due bestioni bianchi, riempo le loro ciotole con la pappa già preparata il giorno prima; accompagno a spasso anche Pablo, con il sospensore; gli do la colazione ed una pastiglia di Killitam, per assicurare a lui un viaggio indolore ed a me un viaggio immune da crisi isteriche. Sveglio mamma, riporto le meraviglie bianche in casa, preparo uno scatolone con stracci, giornali vecchi, crocchette, acqua, ciotola, detergente per Pablo e detergente per l'auto in caso di catastrofi intestinali; preparo un'altra scatola con qualcosa da mettere sotto i denti per gli umani, recupero Pablo che nel frattempo ha ripreso a dormire, carico tutto nel bagagliaio della Zafira e la madre sul sedile passeggero. All'alba delle quattro e mezza, si parte. Avevo previsto, ed annunciato al Mago, il mio arrivo a Treviso intorno alle nove del mattino: in effetti, fino a Venezia tutto fila liscio; Pablo è tranquillo, stroncato dal Killitam; io sbadiglio dal sonno fino a slogarmi la mascella, ma resisto. In fondo, a me è sempre piaciuto tantissimo guidare, anche in autostrada. Mettermi al volante nella notte e guidare per chilometri e chilometri sempre uguali, con la radio a palla ed i pensieri liberi... Ho il sospetto che quello del camionista sarebbe stato un buon mestiere per me. Di certo più adatto di quello in cui mi sono malauguratamente imbattuta.
Un'uscita sbagliata dall'autostrada, una ventina di km per stradine disperse e paesini traboccanti di gente per le sagre, il panico a Treviso fanno sì che l'orario previsto di arrivo si allontani senza misericordia. Appartengo ancora alla vecchia scuola di quelli che detestano il navigatore e potrebbero scagliarlo fuori dal finestrino al secondo ordine che l'aggeggio osasse pronunciare... Per fortuna, il Mago è anche una validissima guida turistica telefonica. Uscita dalla tangenziale direzione aeroporto; semaforo, grossa rotonda; a sinistra, un semaforo, tre rotonde, alla terza a destra, poi subito a sinistra... Sono le undici passate quando finalmente il motore della Zafira trova pace.

Il piccolo Pablo, per non smentirsi, ricambia la gentilezza dell'accoglienza con una bella pipì sul pavimento del garage. Tempo un minuto ed eccolo prigioniero tra le sapienti mani del Mago, che gli mettono su le ruote e gli regalano, è proprio il caso di dirlo, le ali. Il botolo resta interdetto, ma solo per una frazione di secondo: alla luce abbacinante di questa splendida giornata estiva, lo vedo schizzare via come una saetta, fuori dal cortile, per la strada. All'altro capo del guinzaglio, il Mago. Partiti: un bel giro esplorativo tra le casette e le aiuole del quartiere; qualche foto, qualche filmato. Il Mago mi spiega per filo e per segno tutto quel che c'è da sapere sul carrellino: sistemazione, revisione, riparazioni, possibili problemi. In effetti, più guardo questo aggeggio e più mi meraviglio di quanto sia elementare nella struttura eppure geniale per le possibilità di movimento che offre al cane. La pettorina con i ganci per fissare le sbarre laterali, il supporto a cui legare le zampe posteriori perché non sfreghino a terra, la stoffa morbida per evitare piaghe all'inguine...Non c'è un solo particolare che non sia stato curato. Che persona stupenda, questo Mago. E Pablo? Lui trotta, quasi incredulo, e sorride... A me vien quasi da piangere, a mammà pure, ne sono sicura. Ma è nascosta dietro al suo telefonino, tutta presa dal ruolo di fotoreporter. Lei che non voleva saperne del telefonino, perché tanto "non sono capace, non imparo", e che adesso ha le dita della mano destra più allenate di quelle di Manolo, a furia di scrivere messaggini!

Improvvisiamo, il piccolo ed io, i cento metri piani nel bel mezzo della via: al primo giro, il galoppo è maestoso; al secondo giro, beh, quasi quasi gli attacco la corda per il traino... Ma povero piccolo, avrà tutto il tempo per allenarsi. Ci vorrà qualche giorno, mi spiega il Mago, perché i muscoli si riabituino alla posizione corretta. Le zampe anteriori, adesso, sono quasi deformi.

Osservo i due personaggi, uomo e cane: il primo quasi in ginocchio accanto all'altro, gli accarezza il testone. Uno così non può che essere una persona meravigliosa: uno che conosce davvero a fondo il mondo canino e che, soprattutto, lo ama.

Il momento del congedo porta con sé una buona dose di malinconia. Quasi mi dispiace andarmene, ma ora il carrellino c'è, le istruzioni le ho avute, bisogna togliere il disturbo. Carico in auto un Pablo ansimante e disfatto dalle troppe travolgenti novità, raccatto  mammà che ha ormai colmato di foto la memoria del telefonino, saluto e metto in moto, senza saper esprimere un granello di quella valanga di gratitudine che provo per lui. Torniamo verso il centro di Treviso, per un giro turistico ed un gelato: Pablito ha avuto la sua pappa; noi umane, invece, siamo digiune dalle tre del mattino!
Il primo esperimento di sistemazione del carrellino in autonomia occupa un viale alberato nei pressi del centro: poche, semplicissime operazioni; il marchingegno si sistema con la stessa rapidità con cui i meccanici di Formula Uno completano il cambio gomme. Peccato che il quadrupede, al contrario di me, mal sopporti il caldo afoso trevigiano del primissimo pomeriggio; si sforza di trottare, ma non riesce a dissimulare una stanchezza infinita. Anche se, per salvare l'onore di maschio molosso, non si tira indietro quando c'è da litigare furiosamente con un bel pastore tedesco di guardia ad un giardino. Pablo, Pablo, puoi ringraziare che tra te e lui ci siano le sbarre...

La passeggiata è breve, ma sufficiente a destare la curiosità incredula di automobilisti e passanti. E' che il piccolo è proprio stremato: meglio non sfinirlo del tutto. Si torna all'auto, si carica il carrellino ed il fagotto informe che un attimo prima ci stava sopra e si riparte, destinazione Carmagnola, tra cinquecento e più km. In via del tutto eccezionale, proprio per il bene del mio carico peloso, per la prima volta da quando viaggio con la Zafira, accendo il condizionatore. Al minimo, beninteso, perché sono nemica giurata del condizionatore, amo la calura. Viaggiando verso ovest, non ce ne sarà più bisogno: sarà una robusta coltre di nuvolacce nere a sostituirne la funzione. Nei paraggi di casa ci accolgono tuoni, fulmini e saette: nulla, in confronto alle scintille che scoccheranno dalle Pabloruote da domani in poi!

mercoledì 26 giugno 2013

L'amore lascia il segno...

Quali sono le caratteristiche che distinguono le mamme ed i papà dei cagnotti con una marcia in meno rispetto a tutti gli altri? Lo imparo presto sulla mia pelle. I calli sulle mani, ad esempio. Per i primi tempi, accompagno Pablo a spasso sostenendogli il posteriore con una vecchia sciarpa, un asciugamano arrotolato o la cintura dell'accappatoio passati sotto l'inguine; il piccolo, però, è un terremoto... Tira, molla, stringi, sfrega: in capo a pochi giorni ho una forza nelle dita che neanche Manolo; credo che potrei sollevare il mio stesso peso facendo lavorare solo un paio di falangi. E la pelle, beh... Diciamo che, già per abitudine, non ho mai badato all'estetica; adesso però il disastro è completo, calli e segni di abrasione ovunque. Come se non bastassero i traumi meccanici, ci si mettono anche quelli chimici: consumo litri e litri di detersivi per tenere pulitissima la tettoia sotto cui ricovero il piccino. Dovrei indossare sempre i guanti, lo so, ma spesso vincono fretta e superficialità.
Che dire, poi, dei graffi e dei lividi sulle gambe? Sincronizzare il passo con quello di Pablo non è una sciocchezza. Ogni due o tre passi, le sue zampone cozzano contro le mie tibie, per non parlare dei raptus per cui il demonio peloso si gira di scatto, attratto da chissà che, e si lancia di corsa, schiantandosi dopo un nanosecondo contro una delle mie rotule. Magari poi, infastidito, mi molla pure uno sganassone; e sì che io lo sgrido e gli rifilo uno scapaccione sulle spalle - sul didietro non potrebbe percepirlo -, ma intanto i canini li ho assaggiati. Un giorno in cui mi coglie l'infelice idea di giocare con lui al tiro alla fune, il piccolo satanasso salta direttamente alla fonte, ovvero alla mia mano che regge lo straccio: risultato, squarcio nel polpastrello, sangue ovunque, garze e cerotti a volontà. Così imparo a contraddirlo... Terrorista col pelo!

Il naso, ben presto, si fodera di amianto per reazione naturale ai miasmi che esalano da certi residui depositati in quantità francamente impressionante; secondo me, Pablo è una forma di miracolo, colui che è in grado di moltiplicare la materia con l'aiuto del tubo digerente. Gli zampilli liquidi, poi, dove colpiscono, colpiscono; si impara a non farci nemmeno più caso.
Infine, direi, l'occhio fisso e lo sguardo allucinato... Con un cane come Pablo, non ci si può permettere né molta libertà, né tantomeno il sonno del giusto. Tocca alzarsi almeno una volta nel cuore della notte e comunque ben prima dell'alba al mattino, per concedergli una passeggiata ma soprattutto per evitare di trovare quel che resta di un attacco chimico-batteriologico nella cuccia. Ma sono lieta di questo nuovo ritmo di vita: ero scivolata pian piano, da mesi, in un torpore pigro che con la me stessa di qualche anno fa non aveva proprio nulla a che vedere. Troppe volte mi era capitato di non aver voglia di alzarmi al suono della sveglia, di restare intontita sul divano anziché schizzare giù per uscire, che so, a correre o in bici all'ora in cui il resto del mondo russa tra le braccia di Morfeo. Pablo mi ha dato la scossa. Per carità, non sono certo un eroico soldato; alle cinque del mattino giro intorno a casa con la palpebra tenuta su con le pinze da bucato e l'entusiasmo vitale di un bradipo ottuagenario, mentre, alla fine del mio braccio, l'instancabile produttore di cacca zampetta gioioso e perfettamente sveglio. Non importa, quel che conta è la disciplina, e poi le giornate pian piano sempre più lunghe aiutano... Alle cinque del mattino, verso giugno, è già chiaro. Acquisisco una routine: passeggiata, pulizia della cuccia, accurato esame della pelle a caccia di piaghe o abrasioni varie; pulizia del pelo con carta da cucina e shampoo a secco per cani; ogni tanto, doccia nella mia vasca da bagno. Nonostante possa staccarmi una mano a suo piacimento, con la poderosa mascella che si ritrova, Pablito tollera, pur senza troppo entusiasmo. E sì che lo asciugo con il mio personale accappatoio!

A sera, braccia, spalle e schiena gridano vendetta. Pablo vuole correre, ama giocare con Céline che si sta rivelando una "sorella maggiore" amorevolissima. Lui le morde la coda, lei lo scaccia con un ruggito impressionante, ma un attimo dopo è ancora lì a richiamarne l'attenzione. Lei scappa, lui la insegue, io idem, sfidando la forza di gravità a serissimo rischio di inciampare e disintegrarmi. Vaglielo a spiegare, al piccoletto, che un cane come lui non può correre. E' un'affermazione che per lui non ha alcun senso. Non c'è alternativa: bisogna dotarlo di ruote. Anche se ho la tragica sensazione che, quando lui sarà dotato di ruote, a me toccherà passar la vita ad inseguire!

lunedì 24 giugno 2013

Costruzione della casa

Non credo di peccare di mania di persecuzione, se affermo che quest'anno il meteo sta cospirando contro di me. Ho disperatamente bisogno di un po' di sole, di temperature miti che mi permettano di pensare ad una sistemazione all'aperto per Pablo... Ma non c'è verso: passa aprile, arriva maggio, le giornate sono fredde ed uggiose, le notti gelide. Non è certo la condizione ideale per il piccolo siculo, che, oltre ad essere cresciuto in un clima caldo, è ancora tanto indifeso e tanto magro. Non è entusiasta, lui, di restare tutto il giorno in casa, nonostante io faccia i salti mortali per concedergli tutte le passeggiate possibili; non sono entusiasta nemmeno io, che ormai, tra stracci, spazzoloni e detersivi, ho già speso un capitale. Ma tant'è...

In attesa che Giove Pluvio si stufi di tormentarmi, faccio lavorare il povero sovraccarico neurone. Dunque: come residenza estiva, la tettoia potrebbe andar bene. Si è sempre definita "tettoia", in pratica è un garage senza porte; una struttura coperta in cemento, occhio e croce dieci metri quadri o poco più di superficie libera. Il pavimento è anch'esso in cemento: come fare per renderlo liscio alla perfezione, in modo che Pablo possa trascinarsi senza ferirsi? Non sono mai stata un asso nel bricolage; meglio lanciare un appello a tutti i miei conoscenti, con Facebook; confido che tra loro ci sia qualcuno che può darmi un buon suggerimento. In effetti, le idee sono tante, alcune davvero acute. C'è chi suggerisce una specie di vernice che, posata sul cemento, crea una sorta di "secondo pavimento" liscio e lavabile; soluzione che mi parrebbe assai pratica, se non fosse che non voglio creare modifiche permanenti o quasi alla struttura, dato che non sono l'unica proprietaria. C'è invece chi mi parla del linoleum, quello che si vende a rotoloni in ferramenta. Ma guarda tu... E dire che io quei rotoloni li ho sempre visti, e mai mi ha sfiorato l'idea che potesse trattarsi di finti pavimenti. Si usano anche per far giocare i bambini, mi dicono; sono lisci e facilmente lavabili. Mumble, mumble...

Un sabato mattina mi tuffo alla Prealpina, un magazzino per il "fai da te" aperto da poco a Carmagnola. Di buon'ora, così non mi tocca affrontare troppa umanità. Questo genere di negozi ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, anche se a stento sono in grado di avvitare una lampadina... In effetti, entro con un'idea precisa in testa, ma subito mi perdo a vagare con occhio a palla tra gli scaffali, dalle tende per giardino ai decespugliatori, ai ricambi per i sanitari, alle cesoie, ai diserbanti, alle cucce, alle scale ed alle punte per i trapani... A fatica mi riconduco sulla retta via, verso il motivo per cui sono entrata qui dentro. I rotoloni! Allora... Eccoli qua, in un sacco di tinte e motivi diversi. C'è il disegno del finto parquet, quello a quadrettoni colorati, quello con la planimetria delle strade per giocare con le automobiline... Opto per il più sobrio linoleum bianco, su cui dovrebbe essere più facile individuare lo sporco. La lunghezza, la valuto ad occhio, perché ovviamente mi sono dimenticata di prender le misure della tettoia. Poi prendo anche un grosso pezzo di telo di plastica, quello che si usa per le serre. La mia idea è di piazzare il linoleum sul pavimento e ricoprire tutto con la plastica trasparente, da fissare ai lati con dei pesi - ho giusto un po' di piastrelle avanzate dai lavori in casa - e del nastro adesivo da elettricista. Così Pablo, strisciando, non trascinerà via il telo. Ecco, mi manca la bobina di nastro. Già che ci sono, butto nel carrellone anche un paio di flaconi di insetticida ed un sacchettone di crocchette "puppy"... Meno male che la Zafirona è grande e contiene tutto.

Tempo di rientrare a casa... E il sacro fuoco del fai da te mi coglie. Ho già paura: di solito, il risultato finale di questi raptus è penosamente, sconsolatamente molto lontano da quel che avevo immaginato. Eppure, questa volta, mi stupisco di me stessa: dopo aver disperso nell'aere litri e litri di sudore, nonostante il clima rigido, mi accorgo che in effetti è proprio questo, ciò che avevo disegnato nella mia mente. La superficie è perfettamente liscia; il pavimento è tutto a disposizione del piccolo, tranne un lato dove ho piazzato lo scaffale e la bici da spinning, per allenarmi tenendo compagnia al peloso. Sfruttando il lato inclinato della vasca in cemento, ho ricavato la cuccia coperta. Sul lato aperto del locale ho piazzato una vecchia scala a pioli a mo' di "grata" per impedire che Pablo si allontani dall'area protetta. Mi basterà lasciare sempre a disposizione una bacinella con acqua e detersivo, nonché un paio di guanti ed uno spazzolone; le "emergenze igieniche", qui, saranno più facili da gestire.

Il problema abitazione, almeno per la bella stagione, sembra risolto. Intanto, confido che, con il passare dei mesi, Pablo cresca e perda un po' della sua incontenibile esuberanza, in modo da poterlo riaccogliere in casa in inverno senza troppi disagi. Resta da risolvere il problema del sostegno: per ora, va benissimo la sciarpa sotto il pancino, all'altezza dell'inguine, ma... Pablito è destinato a crescere parecchio, così sembra; non so se e per quanto riuscirò a sostenerlo a braccia, anche se, per fortuna, non sono certo un fuscellino. Spulcio i vari siti Internet dedicati agli animali con paralisi: esistono i sospensori, le scarpine, i carrellini, insomma, qualcosa m'inventerò anche qui. Per ora sono contenta che Pablito si trovi bene all'aperto, con tanto spazio e tutti i suoi giocattoli a disposizione, con vista sul giardino, anche se il mio giardino non è altro che un'incontrollata distesa di erbacce. A quanto pare, a lui non interessa il prato inglese; correre tra i "peru peru" e terrorizzare le tartarughe sembra proprio renderlo felice. Ditemi quel che volete, ma i cani sorridono! E per sorridere si accontentano di molto meno di ciò che serve a noi umani...

venerdì 14 giugno 2013

Primi giorni di Pablo a casa

Con un cane come Pablo, la vita non è più la stessa. Osservazione banale, eppure fondamentale. Lo sapevo già, un po' perché ci ho pensato molto io stessa, un po' perché tutte le persone a cui ho parlato dell'idea di adottare il piccolo mi hanno rovesciato addosso una caterva di "ma", di "però", di sospiri rassegnati e di ampi scuotimenti di testa. 

Pablo è ancora piccolo, non è abituato al clima piemontese; ha vissuto fino a ieri in una regione ben più calda. Come se non bastasse, quest'anno la primavera tarda a far capolino. Morale della favola, non posso certo sistemarlo fuori. Per fortuna, il pavimento di marmo della cucina è liscio e levigatissimo: perfetto perché Pablito ci si possa trascinare senza procurarsi lesioni. Sistemo una cerata, qualche straccio, la pallina di gomma, la corda con i nodi e tutti gli altri giocattoli, più una ciotola d'acqua. 

Si tratta, adesso, di affrontare il capitolo più spinoso, anzi direi, in questo caso, più odoroso. Come devo regolarmi con i suoi bisogni? Quando, ogni quanto? D. mi ha dato qualche suggerimento: sporcherà subito dopo aver mangiato; per fargli far pipì, mi conviene comprimergli la vescica in modo da svuotarla tutta in una volta. Già: l'aspetto forse più penoso della condizione di Pablo è il fatto di non avere il controllo dei visceri. Inutile dire che i primi giorni trascorrono con la bacinella di acqua e lisoformio, lo straccio e lo spazzolone sempre all'opera; provvedo a prendere Pablo in braccio ed a portarlo a spasso in giardino ogni tre ore circa, ma tocca investire un po' di tempo, tanto lavoro di strofinaccio e qualche crisi di amarissimo sconforto, prima di trovare una forma di regolarità. Calma, calma, calma: se Pablo sporca, non è colpa sua; se gira dappertutto in cucina, nemmeno, è un cucciolo, non un pupazzo. Non è colpa sua se piange, non è abituato a stare solo; non è colpa sua se attenta all'integrità della parte bassa di ogni componente di arredo... Mettiamo sul tavolo una bella tovaglia lunga fino a terra e speriamo che nessuno se ne accorga. 
Su e giù per le due rampe scale, con in braccio un fagottone già per nulla leggero e per giunta molto agitato; ne guadagneranno il tono dei bicipiti e la linea in generale. Porto Pablo a spasso reggendogli il posteriore con una vecchia sciarpa passata sotto l'inguine; buona soluzione, ma come ogni soluzione porta con sé altri problemi. Le zampe posteriori, distese, molli, rischiano di strisciare per terra e di ferirsi. Le mamme siciliane hanno previsto anche questo e mi hanno lasciato due "scarpine" di gomma; per ora sono perfette, ma non hanno l'aria di essere molto robuste. Quindi, nella lista delle cose da fare: acquisto scarpine per cani. Ammesso che esistano, ma mi documenterò. 

La ricerca della vescica è una vera caccia al tesoro: anche qui, mi ci vuole qualche giorno per imparare a sentire la "pallina da tennis" di cui mi ha parlato D., quella da svuotare per conquistare tre ore di pace fino al prossimo tour. Molti sarebbero schifati al solo pensiero: beh, questione di gusti... A me non crea alcun problema la necessità di "gestire" i bisogni fisiologici canini, mentre devo fare a pugni con il più profondo disgusto se mi tocca affrontare la stessa materia ma di origine umana. Ci sono stati momenti, in passato, in cui è stato inevitabile, ma ho fatto una gran fatica, anche se si è sempre trattato di persone di famiglia. 

Un paio di settimane di esperienza mi portano alle prime conclusioni: Pablo va portato a spasso ed aiutato a sporcare ogni tre ore circa. Giorno e notte, ovviamente. Caldo e freddo, sereno e vento e pioggia, ovviamente. Per pulirgli il pelo, carta scottex con lo shampoo a secco per cani; ogni tre o quattro giorni, un bel passaggio nella vasca di casa, con suo gran disappunto ma con vivo sollievo per le mie narici. Per mantenerlo asciutto, borotalco sul pancino; per evitare piaghe, crema all'ossido di zinco. Il suo ambiente, alias la mia cucina, deve essere ripulita quasi ogni giorno, un po' per gli "errori di sincronizzazione" tra le uscite in giardino e le sue effettive necessità, un po' perché le sue zampone portano su tutto quel che raccolgono durante la passeggiata. Pappa tre volte al giorno con piccole dosi di crocchette per cuccioli; in più, integratori di vitamine e di sostanze che dovrebbero, in teoria, avere una qualche benefica azione sui legamenti. Io mi trasferisco a dormire stabilmente sul divano, per avere il mostriciattolo sempre sotto controllo. Insomma, un vero e proprio lavoro... E di notte, quando mi sveglio e guardo giù, lo vedo arrotolato su se stesso, immobile, tenerissimo col musetto nascosto sotto una zampotta, il respiro lento e regolare. Vorrei allungargli una carezza; evito di farlo, solo per non risvegliare il piccolo terremoto... Le prime settimane hanno l'effetto di un tornado sulla mia casa e di una raffica di mazzuolate in faccia sulla sottoscritta; addio sonno, addio a quella parvenza di pulizia che già non è mai stata caratteristica di spicco tra le mie quattro mura, addio alla libertà di stare via per giorni interi ma anche solo per mezza giornata, addio alla poca capacità di concentrazione di cui ho ricevuto elemosina alla mia nascita. Tregua armata con Skipper e Céline, che per protesta restano a dormire al piano di sotto, in ufficio. E un perenne sorriso, un po' ebete e molto stanco, per coprire tutto questo, come il tappeto copre il mucchietto di polvere. Non lo ammetterò mai, che rischio di non farcela; non ho altra scelta, se non quella di essere proprio sicura che, presto, andrà meglio. Passato il periodo di acclimatamento, Pablo finirà sul tavolaccio di un bravo dottore che mi possa dire se c'è qualche speranza oppure no. La so già, la risposta, purtroppo, e non credo nei miracoli; non occorre un luminare per sentenziare che il piccolo non camminerà mai; basta guardare le sue zampe posteriori, inerti, molli, senza vita. Voglio solo avere la certezza di aver tentato tutto il possibile.

venerdì 7 giugno 2013

L'arrivo

...e poi arriva il momento fatidico in cui ti ritrovi da solo di fronte alle conseguenze delle tue scelte. Ho già trascorso giorni e notti a fare opera di autoconvinzione: vedrai, non sarà difficile come ti dicono. Ogni volta che imbocchi una strada nuova, ti piovono addosso gli strali di tutti, al di fuori e soprattutto dentro le mura di casa; chiunque si sente in diritto ed in dovere di giudicare, criticare, minacciare con il dito proteso verso il cielo, in stile "Frate Cristoforo" di manzoniana memoria. Quante volte hai pianto, ti sei consumata il fegato, hai visto il tuo futuro di colpo tutto nero, un muro contro cui sbattere inutilmente il capoccione? E quante volte è capitato che le tue paure fossero fondate? Mai o quasi mai. Questo mi ripeto come un'ossessione: arriverà anche stavolta la tempesta... Ma poi passerà. Tieni duro e buttatici contro. 

Ciononostante, guidare dall'aeroporto verso casa con il fagottino peloso nell'ampio bagagliaio della Zafira è un tormento. E non ho ancora smaltito lo shock dei due decolli e dei due atterraggi, io che non avevo mai volato... Quasi quasi vorrei che la distanza tra me e l'arrivo per magia aumentasse, anziché ridursi... E invece sembra accorciarsi come se io viaggiassi su un'auto di Formula Uno in circuito. Ho lasciato Giorgio a casa sua: adesso me la devo cavare da sola. Sì, è vero, arriveranno poi D., il mio punto di riferimento unico e assoluto in fatto di cura ed educazione dei cani, e T., la signora che è già stata da me per il controllo pre affido; arriverà anche Matteo, che mi darà manforte fino a domani mattina. Ma poi?

Il mostriciattolo peloso è ancora intontito dal sonnifero. Ogni tanto guaisce, sembra lamentarsi. Ma ha mangiato, ha bevuto, non dovrebbe aver freddo, anche se oggi è una giornata gelida ed uggiosa di una primavera che quest'anno si è persa per strada. Ha tre mesi e mezzo, povera anima, ed è già stato sbattuto di qua e di là come un pacco... E' di una tenerezza indescrivibile, quelle zampotte sproporzionate, quei polpastrelli che premono contro la grata del trasportino, quegli occhioni neri come il suo pelo...

A casa, con la pioggia ed il cielo grigio che si intonano al mio animo angosciato. E' vero, Pablo l'ho voluto io. Ma adesso? Parcheggio l'auto in cortile, ma non scarico ancora il trasportino. Temo la reazione di Céline e di Skipper. Meglio aspettare che arrivi D., lui sa bene come fare. I due bestioni bianchi però hanno già percepito la nuova presenza; non nascondono una certa agitazione. Nulla in confronto alla mia, quando entro in casa ben sapendo che mia mamma è ancora qui. Non abita con me, ma trascorre le giornate a casa mia; ossessionata dal pericolo dei furti, non si schioda di qui se io sono via. In famiglia siamo un po' estremi in tutto, nel bene e nel male... Non posso negare che a me la sua paura faccia molto comodo, perché in effetti nella ridente cittadina di Carmagnola i furti in casa sono ormai sport nazionale; inoltre, sapendola in compagnia di due mezzi Maremmani ottimi per la guardia, non mi preoccupo neppure più di tanto. 
Mamma è ancora qui, dicevo... E la sua accoglienza è glaciale. Io fingo noncurante allegria, ma sono sempre stata una pessima attrice... Ho i nervi a fior di pelle. E ne ho ben donde: in un attimo, il suo silenzio di tomba si trasforma nell'eruzione esplosiva di un vulcano. In men che non si dica, mi vomita addosso una quantità di contumelie che, come lame, si conficcano con mira eccellente al centro del bersaglio: dall'accusa di avere le mani bucate (proprio io che godo di una consolidata fama di tirchiona incallita!) a quella di non preoccuparmi del mio lavoro ma solo di stupidaggini, e via, andare... La mia maschera di allegria si sgretola con tutti i propositi di indifferenza che avevo preparato. So che è mia mamma, so che adora me ed i miei cani e so che già domani si sarà innamorata anche di Pablo... E che a farla reagire così è la preoccupazione per quel che accadrà. Ma so anche che nell'ira, così come nel vino, sta la verità; probabilmente questa è stata per lei l'occasione di sbattermi in faccia ciò che pensa davvero di me, ma che per affetto e senso di protezione non mi avrebbe mai detto in condizioni di quiete. Non è bello scoprire che per tua madre sei una sorta di fallita perdigiorno, anche se in realtà per me non è affatto una sorpresa; sono consapevole da tempo di non godere di grande considerazione, in famiglia. Non ho mai dato prova di grande intraprendenza, non mi sono laureata con il massimo dei voti, non sono coraggiosa, non sono ambiziosa, non faccio faville sul lavoro (soprattutto in senso economico), sono sempre piena di dubbi ed ho paura dei miei simili. Solo un fondo di orgoglio, con la sua vocina tenue, mi fa dire "Ma possibile che alle soglie dei 32 anni io debba ancora preoccuparmi di ciò che altri pensano sia meglio per me?". Domanda ipocrita: potrei mandarli a stendere tutti, se davvero fossi capace di camminare con le mie gambe. Ma non è così.

Bando alla tristezza, qui c'è una piccola vita pelosa da riscattare. Sono arrivati D. e T.: insieme scarichiamo il trasportino e lo portiamo su per le scale, al primo piano, in cucina. Qui è già pronta una tela cerata sul pavimento, più qualche straccio a far da cuscino. Trasferisco lì sopra tutti i giochini che le mamme siciliane hanno voluto lasciargli per compagnia nel viaggio. Si sono tanto preoccupate che il piccolo non soffrisse troppo il distacco... Mi commuovo mentre stringo tra le mani la copertina di pile azzurra. Tutti insieme svestiamo il piccolo e gli togliamo il pannolone. Poi D. chiede di far entrare nella stanza prima Skipper, il maschione di casa. Il nuvolone bianco non è affatto entusiasta: si avvicina al piccolo con diffidenza; non reagisce alle zampate di invito al gioco del piccino; lo annusa per un po', gira attorno al tavolo, si prende un po' di coccole... E, appena può, schizza via. E' la volta di Céline, molto più curiosa; lei sì, studia l'intruso, lo tocca, sembra quasi voler giocare lei stessa. Ed io che avevo tanta paura di una reazione violenta... Skipper è buono come il pane, ma è maschio e temevo aggredisse un altro maschio nel suo territorio; Céline è femmina ma è un terremoto a quattro zampe...

Pablo si trascina sulle zampe anteriori ed esplora l'ambiente, velocissimo, curioso, vivace. L'effetto del sonnifero è davvero passato. Com'è bello con quel suo testone di molosso, il pelo lucido, nero focato... E' enorme per un cucciolo della sua età. Davvero, quanto potrà crescere? E come farò quando sarà grande?

Nel frattempo, è arrivato anche Matteo, apposta da Genova per vedere il nuovo arrivato. D. e T. hanno finito il loro compito, svolto come sempre con immenso entusiasmo: non prima, però, di avermi mostrato come fare per indurre il pargoletto a fare pipì. Già, perché ovviamente, tra le preoccupazioni per un cane paralizzato, c'è anche questa: Pablo non può fare i suoi bisogni da in piedi; tocca provvedere ogni tot ore a farlo sporcare, onde evitare che si trascini nel suo stesso sporco. Senza contare il fatto che, almeno finché la temperatura esterna non sarà più mite, dovrà restare in casa... Sarà molto, molto dura. Ma l'ho voluto io e adesso ce la devo fare.

Quando D. e T. se ne vanno, solo la presenza di Matteo mi salva da una crisi di pianto. La prima notte, tra stracci imbevuti di detersivo e pianti disperati del piccino, sarà dura. E domani, quando in orario d'ufficio arriverà mia sorella - l'ufficio dove lavoriamo insieme è al piano di sotto - sarà ancor più dura. Mi toccherà la seconda razione di contumelie. Pazienza. Me la sono voluta. In più, in casa non ho preannunciato nulla, proprio per evitare di anticipare la valanga di sanpietrini sulla capoccia; ora però è inevitabile...

Quel che conta, adesso, è organizzare la nuova vita. Pablo starà qui in cucina finché il clima non sarà un po' più caldo; il pavimento di marmo è perfettamente levigato e non gli creerà problemi di piaghe. Ogni tanto potrà uscire sul balcone, ovviamente anch'esso da coprire con la cerata perché ha il fondo ruvido. Gli sistemerò vicino le ciotole per la pappa e per l'acqua, perché non abbia difficoltà a spostarsi. Farò in modo di portarlo a sporcare in giardino ogni poche ore, anche se già adesso i suoi quasi venti chili sono un dolce peso da scarrozzare a braccia. Lo sosterrò con un telo o un asciugamano sotto il bacino per aiutarlo a camminare con le zampotte anteriori. Lo porterò da un veterinario che possa fare qualche radiografia, per capire cos'ha e quali speranze di recupero ci siano, ammesso che ce ne siano. Gli comprerò le crocchette per cuccioli: per l'emergenza, c'è il sacco di crocche che Enrica aveva già preparato per lui quando siamo passati a trovarla, di ritorno dall'aeroporto. E, se proprio dovessi trovarmi nella disperazione, alzerò il telefono e chiederò soccorso a D.

Sedersi a tavola con Matteo e mangiare un boccone è una grazia divina, anche per me che sono atea. Questa giornata mi ha demolita, infinitamente più di una corsa in montagna da cento e fischia km. Questo è solo l'inizio. Ben volentieri mi tumulo sotto le coperte, anche se lo strillo imperioso di Pablito mi avverte che non sarà per molto...